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Ansa
preghiera
Separiamo le sorti del vino, essenziale per la nostra civiltà, da quelle degli altri alcolici
Angelo Gaja, preoccupato dall’attacco neoproibizionista e neopuritano all’alcol, ricorda: "È ormai consuetudine equiparare il vino a superalcolici e aperitivi a causa della componente alcolica che hanno in comune. Si tratta di un abuso"
Gaja l’Hegel del vino. Entrambi, il grande vignaiolo e il grande filosofo, sono avversari dell’indistinzione, della confusione che tutto livella. Hegel combatteva la notte filosofica in cui “tutte le vacche sono nere”, Gaja combatte la notte alcolica in cui a essere tutte ugualmente nere sono le bottiglie. Accendendo una luce con questa dichiarazione: “E’ ormai consuetudine equiparare il vino a superalcolici e aperitivi a causa della componente alcolica che hanno in comune. Si tratta di un abuso. Esistono infatti tre tipologie di alcol: alcol di fermentazione, alcol di distillazione, alcol di addizione”. Ecco, c’è il vino, c’è il superalcolico, c’è l’aperitivo, tre prodotti molto diversi perché soltanto nel primo l’alcol deriva da un processo spontaneo (“il più bio in assoluto”) dovuto ai lieviti naturalmente presenti sugli acini d’uva. Negli altri casi l’alcol è industriale. Angelo Gaja, preoccupato dall’attacco neoproibizionista e neopuritano all’alcol, dal suo castello di Barbaresco esorta dunque a separare le sorti del vino da quelle degli altri alcolici. Soltanto il vino è al contempo natura, cultura, paesaggio, tradizione, religione, storia, geografia, filosofia. Il lume della ragione consente di vedere che le bottiglie sono tutte diverse e che soltanto le bottiglie di vino sono essenziali per la nostra civiltà.