Presunto ritratto di Giacomo Casanova, attribuito a Francesco Narici (Wikipedia)

Preghiera

Le poesie di Giacomo Casanova, una lettura più carnevalesca che quaresimale

Camillo Langone

Sfoglio "Obbedisco all'amore. Poesie scelte da Piero Chiara" e mi trovo di fronte a un manifesto di impenitenza, a un'impressionante dichiarazione di orgoglio libertino 

Mi si perdoni, il libro di Giacomo Casanova, “Obbedisco all’amore. Poesie scelte da Piero Chiara” (De Piante), sembrerebbe lettura più carnevalesca che quaresimale. Per giunta la poesia più bella della raccolta, il sonetto in veneziano a pagina 135, è un manifesto di impenitenza. E però alla penitenza, alla necessità di un ravvedimento, mi ha fatto pensare. Se alcune parole non risultano chiarissime nemmeno ai veneti odierni, il senso è tuttavia palese: “Ho bu donne, ho zogà, son corso al chiasso, / ho urlà, ho sprezzà, e delle mie passion / non son sta schiavo, ma l’è m’à dà spasso”. E’ molto più di un’autoassoluzione, è un’impressionante dichiarazione di orgoglio libertino questa “My way” settecentesca, ed è la smentita postuma a tutte le teorie della differenza Casanova-Don Giovanni perché i due stavolta si confondono: qui Casanova non è un casanova, è proprio un dongiovanni. L’ultimo verso “[se] ho fatto mal, me lo dirà Pluton” fa rivedere il finale del capolavoro di Mozart, la funesta apparizione del Convitato di pietra. Del resto “xe lezze indispensabile el crepar”... Che questo Casanova ghignante e disperato, prossimo alla tomba, metta voglia non dico di castità (non esageriamo) ma di un modo di amare le donne meno tetro, meno mortifero.
 

Di più su questi argomenti:
  • Camillo Langone
  • Vive tra Parma e Trani. Scrive sui giornali e pubblica libri: l'ultimo è "La ragazza immortale" (La nave di Teseo).