
LaPresse
Preghiera
Chi difende l'identità del vino italiano?
A Carlo e Camilla sono stati rifilati due vini ibridi, laziali in etichetta e francofoni nel bicchiere, dato che contengono anche Cabernet e Merlot (il rosso) e Chardonnay (il bianco). Oltre ai dazi trumpiani dobbiamo sorbirci anche i dazi macroniani
Dio salvi il Re dai vini senza patria. Per Roma ormai i giochi sono fatti, il gran capo dei sommelier (basta la parola per dire la francofilia della categoria) a Carlo e Camilla ha rifilato due vini ibridi, ambigui, laziali in etichetta e francofoni nel bicchiere, siccome contenenti anche Cabernet e Merlot (il rosso) e Chardonnay (il bianco). Nemmeno davanti a un sovrano notoriamente tradizionalista ci si è trattenuti da una scelta piuttosto nichilista. Nemmeno in giorni così drammatici per il settore si è sentito il bisogno di difendere l'identità del vino italiano.
Evidentemente non ci sono soltanto i dazi trumpiani, ci sono anche i dazi macroniani, non prescritti per decreto ma autoimposti per sudditanza psicologica. Comunque siamo ancora in tempo per rimediare e vorrei dare il mio contributo: mi candido a coppiere per la tappa di Ravenna. Modestamente ho un curriculum imbattibile: 1) sono un fervente monarchico; 2) nella vita ho fatto anche il cameriere e proprio nei lidi ravennati; 3) sono amantissimo ed espertissimo dei vitigni autoctoni romagnoli. Per il Re ho già in mente un eccellente Sangiovese, per la Regina, che preferisce il bianco, un nobile Albana. Per entrambi i miei auguri di lunga vita, felicità, salute e buone bevute.