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Preghiera
"Elegia americana" e la nonna di J. D. Vance
Vance era uno scrittore prima di entrare in politica. Leggendo la sua autobiografia si comprendono le radici profonde della questione dei dazi. Il personaggio più interessante è la nonna, che aveva quasi ucciso un uomo a colpi di fucile
Troppo comodo il mestiere del letterato rispetto a quello del politico. Mentre Giorgia Meloni parlava con J. D. Vance, io lo leggevo. Fra i cuscini del mio divano. Leggevo “Elegia americana” (Garzanti), l'autobiografia scritta prima di entrare in politica (dunque Vance non è il solito politico che diventa scrittore, è uno scrittore che è diventato politico). Comincia così: “Sono nato in una famiglia povera della Rust Belt, in una cittadina dell’Ohio che era cresciuta intorno a un’acciaieria e che non ha fatto altro che perdere posti di lavoro e speranze”. Ecco subito spiegata la questione dazi, o quantomeno una delle motivazioni…
Il personaggio più interessante del libro è la nonna: “Aveva quasi ucciso un uomo. Quando aveva più o meno dodici anni, si era affacciata sulla porta e aveva visto due uomini caricare la mucca della famiglia sul cassone di un camion. Lei era corsa loro dietro, aveva preso un fucile e aveva sparato una serie di colpi. Uno dei ladri era caduto a terra – era stato colpito a una gamba”. E pure questo episodio spiega molto, e l’orgoglio del nipote per questa nonna spiega perfino di più. Adesso la ammiro anch’io la nonna di Vance, anch’io credo nell’autodifesa. Non c’è bisogno di più poliziotti, più magistrati, più stato per sconfiggere il crimine: c’è bisogno di molte nonne così.