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Lista per il nuovo anno

Pier Carlo Padoan

Ecco gli scenari da guardare con più attenzione. Per essere forte l’Ue deve creare “beni pubblici europei”

Fine anno, tempo di bilanci. Ma anche di riflessione sul futuro. Particolarmente complesso è il compito quando si guarda alle relazioni globali. Per convincersene basta richiamare la lista dei temi sul tappeto.

 

1) Usa-Cina. Malgrado recenti annunci di accordo le tensioni tra i due grandi attori continueranno a caratterizzare il quadro globale complessivo. Sul tavolo non solo le relazioni commerciali, ma anche quelle di sicurezza. E non solo quelle bilaterali ma anche quelle globali. Se prevarrà l’approccio bilaterale, la riforma del Wto potrebbe essere procrastinata in misura significativa. La struttura del commercio potrebbe vedere ridimensionata la componente legata alle catene del valore globale con conseguente riallocazione delle risorse.

 

Ne deriverebbero modifiche permanenti alla divisione del lavoro e possibile ulteriore frammentazione del sistema multilaterale. Non solo, ma ne potrebbe derivare una compressione della crescita per più ragioni. L’incertezza sul futuro porterebbe a una riduzione degli investimenti. La frammentazione del sistema multilaterale porterebbe a un aumento dei costi di trasporto e logistici. Infine ci troveremmo di fronte al passaggio da più a meno liberalizzazione dei mercati, da meno a più ostacoli del fare impresa. Il tutto avrebbe un effetto depressivo diretto sui mercati.

 

2) Reti globali. Discorso analogo si dovrebbe fare per le reti globali. Siamo di fronte a una evoluzione forse inaspettata in tema di evoluzione del web: la possibilità che tecnologie alterative portino a una frattura delle erte, che finirebbe per non essere più globale. Ci si troverebbe di fronte a una situazione di “duopolio” che, come è noto, è in generale instabile. Sarebbe (lo è già) un duopolio conflittuale, guidato dalla ricerca di quote di mercato e con evidenti implicazioni per la sicurezza.

 

3) Il ruolo dell’Europa. Impegnata per anni a uscire dalla crisi dell’euro e a modificare le istituzioni dell’unione monetaria è sembrata per anni con poco interesse alla dimensione globale, a cominciare da quella del ruolo dell’euro come valuta internazionale. La nuova Commissione guidata da Ursula von der Leyen sembra voler dare una svolta “geopolitica” alle relazioni dell’Europa con il sistema globale. Il primo test in questo senso potrebbe essere l’impegno a definire i termini concreti del “green deal”. Lo stato del dibattito sul clima sembra peraltro allontanare la possibilità di un accordo globale. Sta all’Europa decidere se andare avanti da sola nella transizione a un modello di crescita sostenibile con i costi, e i benefici, che ne derivano.

 

In generale l’efficacia della proiezione esterna della politica europea è direttamente proporzionale al grado di integrazione tra i paesi membri dell’Unione. Così il ruolo globale dell’euro sarà rafforzato dai progressi verso un’Unione dei mercati dei capitali. La politica della rete sarà tanto più efficace quanto i paesi europei potranno accordarsi su una “tassa digitale” e adeguare alla economia dei giganti digitali la politica per la concorrenza. L’Europa sarà leader nella nuova economia verde nella misura in cui riuscirà a superare le resistenze al suo interno per una transizione a energie sostenibili, obiettivo su cui molti paesi , soprattutto nell’est dell’Unione , non sono d’accordo.

 

4) In generale, il sistema globale si sta comunque trasformando. E’ difficile immaginare un ritorno al “multilateralismo cooperativo” che ha dominato i decenni del dopoguerra. Nel migliore dei casi ci si sta muovendo verso un multilateralismo “proattivo” dominato dalla dialettica tra le grandi potenze e in cui il ruolo delle istituzioni internazionali ne risulta ridimensionato ma con il possibile sviluppo di aggregazioni regionali più forti di quanto non accada ora. In scenari peggiori potrebbe prevalere un bilateralismo conflittuale e una forte emarginazione delle istituzioni multilaterali. E’ lecito attendersi che nel primo scenario la crescita sarebbe più robusta e sostenibile che nel secondo. E’ anche lecito chiedersi cosa potrebbe determinare l’affermarsi di uno scenario piuttosto che un altro. Molto dipenderà dal ruolo che l’Europa potrà e vorrà giocare. In un duplice senso. Come facilitatore di accordi, anche limitati, di tipo multilaterale. Come “esempio” concreto dei benefici di tali accordi di tipo limitato (di “club”). Per essere più efficace l’Europa dovrebbe però rafforzare, anche in termini di risorse, la sua capacità di produrre “beni pubblici europei” come la sicurezza, la gestione delle migrazioni, la difesa comune. Insomma anche per l’Europa è il momento di dotarsi di una “power” un po meno “soft”.

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