Davigazioni
Quanto rischia di pesareil giustizialismo di sinistra sulla corsa di Sala. Le bici di Simona.
L’ormai celebre brocardo di Piercamillo Davigo, “non esistono innocenti, ma solo colpevoli non ancora scoperti”, continua a corrodere come un tarlo anche la campagna elettorale di Milano, facendo però più danni – per il momento si tratta di danni potenziali – a sinistra che non nel centrodestra, anche se pure qui gli elementi di cultura garantista hanno vita dura. Un esempio concreto di quanto sia corrosivo il sospetto giustizialista ce l’ha sotto gli occhi, e ne farebbe a meno, Beppe Sala, il candidato del Pd. Da settimane è sottoposto al fuoco di fila trasversale di tutti i fronti mediatico-giustizialisti. A sinistra il Fatto (Gianni Barbacetto tifava Francesca Balzani, o no?). A destra le pagine locali di Libero e del Giornale che martellano la stessa musica, immemori di Matteo 26, 52: “Riponi la tua spada al suo posto, perché tutti quelli che prendono la spada…”. Gli argomenti sono due, monotoni: i conti dell’Expo, ma più ancora le presunte “dimenticanze” di Sala nel comunicare tutti i suoi redditi e beni patrimoniali. Quisquilie che hanno poco a che vedere con la politica, anzi usate così ne sono la negazione, ma che stanno costringendo lo stesso Sala a mettersi sulla difensiva. Ad esempio davanti alla richiesta piuttosto strumentale e propagandistica del candidato sindaco dei Cinque stelle, Gianluca Corrado, che ha chiesto di rendere pubbliche le dichiarazioni dei redditi dei candidati prima del voto.
A proposito di grillini: a Milano in lista con il candidato sindaco radicale Marco Cappato ci saranno due ex un po’ ingombranti del Movimento: il senatore Luis Alberto Orellana e la deputata Mara Mucci, che erano stati eletti nelle liste di Beppe Grillo e erano poi trasmigrati nel Gruppo misto. (Quasi) idem sentire.
Così un candidato “non politico” come Beppe Sala, ex manager privato e pubblico sceso in campo con la scommessa di aprire una nuova stagione di dialogo tra la sinistra per una città interessata al business e bisognosa di innovazione, ora è costretto a replicare ai grillini, più che al suo diretto concorrente. E questo nella città in cui solo una settimana fa l’ambasciatore degli Stati Uniti in Italia, John Phillips, parlando alla Bocconi, ribadiva il peso negativo sugli investimenti americani del nostro inefficace e iper-sospettoso sistema di giustizia. Qualche giorno fa il Foglio aveva messo a tema l’argomento del giustizialismo che ancora persiste nella cultura politica della sinistra prendendo spunto proprio dal caso di Milano. E sottolineavamo quanto fosse significativo che, nello scontro verbale tra il presidente dell’Anm e il premier Matteo Renzi, il capolista del Pd a Milano, l’assessore Pierfrancesco Majorino, si fosse schierato in sostanza dalla parte delle buone ragioni di Davigo. Majorino non l’ha presa proprio bene, e sul suo profilo Facebook ha commentato: “Il Foglio, partendo da una polemica che cerca di costruire Penati su di me, e sulle mie posizioni giustizialiste, invita Renzi a partire da Milano per curare il giustizialismo che sempre io – citato in ottima compagnia di Ambrosoli – rappresenterei. In pratica il Foglio mi mette sulla sua lista nera. Quasi quasi lo scrivo sui volantini”. Umberto Ambrosoli è invece il capogruppo del Pd in regione, ed è stato il responsabile della campagna per le primarie di Beppe Sala, cui lo lega un’amicizia ricambiata. Lo stesso Ambrosoli che aveva twittato: “Quella di Piercamillo Davigo alla guida della Associazione nazionale magistrati è una bella notizia: per la magistratura, per il paese”. E che forse dovrebbe chiedere ora al suo amico Sala se invece, per caso, l’inestirpabile resistenza in una parte consistente della sinistra di una visione unicamente moralisteggiante della politica, che sconfina a tratti nel populismo, non sia una pessima notizia per il candidato Beppe Sala e per le sorti della sua scommessa politica.
L’entrata a gamba tesa di Simona Tagli nella corsa del candidato Stefano Parisi. L’indimenticabile (per gli ex ragazzi che ai tempi avevano i brufoli) ragazza del “Cruciverbone” ora è una bella signora milanese, sempre bionda, che fa l’imprenditrice e ha un negozio di parrucchiere per mamme e bambini qui dalle nostre parti, frequentatissimo da sciurette e pargoli (magnetizzati dalla postazione-capelli con iPad tutta riservata ai bambini). Però adesso ha deciso di buttarsi in politica, e si è candidata alle comunali nella lista di Fratelli d’Italia per Stefano Psrisi. Sul suo manifesto elettorale, ovviamente, compare lei con il famoso cruciverbone. Ma non sarà questo a spiantare il candidato unitario del centrodestra, mica siamo a Roma con la boccolosa Giorgia Meloni di traverso a Marchini. Bensì la proposta un po’ stravagante – per Milano e soprattutto per la Milano del centro dove la candidata vive e lavora: vuole “meno piste ciclabili”, perché a Milano si deve “circolare più velocemente, perché il tempo è una ricchezza”. Detto nella città che si fa un vanto di avere la miglior rete di bike-sharing d’Italia, forse è un incidente di comunicazione.
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