La città di Palmira in Siria (foto laPresse)

Uomini, alberi, animali

Maurizio Crippa

Oggi al Giardino dei Giusti qualcuno ricorderà il Custode di Palmira. Storia di un formaggio

Il 18 agosto Milano è ancora deserta e il Monte Stella brullo e arido come una savana. Non saranno in molti, oggi, a fare visita al Giardino dei Giusti di tutto il mondo, che dal 2003 occupa un angolo protetto della collinetta, a fare memoria degli uomini e le donne che hanno aiutato le vittime delle persecuzioni e vi si sono opposte a costo della propria vita. Il 18 agosto non è una data qualsiasi, non solo per Milano, perché è l’anniversario dell’uccisione di Khaled al-Asaad, il custode di Palmira, l’archeologo che fu torturato, ucciso, decapitato e poi “mostrato al mondo” dai macellai dell’Isis il 18 agosto 2015, perché aveva difeso quel sito che gli era stato affidato e con esso la cultura come bene comune universale e libertà di tutti. Il 19 novembre di quello stesso anno il Giardino dei Giusti di Milano aveva piantato un albero in memoria di Khaled al-Asaad (la proposta l’aveva avanzata subito dopo l’assassinio Antonio Ferrari dal Corriere della Sera). In occasione di quella cerimonia, Amr al-Azm, professore universitario negli Usa ed ex dirigente del Dipartimento dei musei e della antichità siriane, aveva detto: “Non si può scrivere nulla su qualunque cosa abbia a che fare con Palmira senza fare riferimento a Khaled al-Asaad”. Domenica scorsa, su Pagine ebraiche, Davide Bidussa, presidente di Gariwo - La foresta dei Giusti non ha mancato di ricordare la data, con poche righe: “Per chiunque tenga alla parola libertà, il 18 agosto ha un nome: Khaled al-Asaad”. “Palmira per Khaled al-Asaad non era un sito archeologico. Era un’idea di società, possibile: il luogo dove culture diverse, si incrociano, coabitano e provano a costruire un dizionario comune fatto di oggetti, di spazi, di pratiche e dove significativamente la lingua con cui tutti comunicavano era l’aramaico, la lingua nazionale di nessuno”. La città di Milano, al Mudec, il Museo delle culture, ha dedicato dal 2015 uno spazio permanente al grande archeologo.

   

La notizia è gustosa, anche se bisogna spostarsi nell’hinterland, a una ventina di chilometri dalla Madonnina e tornare a qualche giorno prima di ferragosto. E soprattutto andare idealmente in Gran Bretagna. E’ lì che la settimana scorsa l’edizione 2017 dell’International Cheese Awards che si svolge a Nantwich ha decretato che il “Cremoso di capra” prodotto dall’Agricola di Lainate – Milano, appunto – è il miglior formaggio morbido in assoluto al mondo, battendo la concorrenza inarrivabile di tutti gli altri – in gara cinquemila tipi di formaggi da oltre cinquanta paesi – francesi innanzitutto, che dei latticini di capra sono da sempre i maestri assoluti. A Lainate, però, producono al prezzo concorrenziale di 20 euro al chilo una “capra” con “sottocrosta morbido e cremoso” perfetto, pare, anche mantecato nel risotto: il che contribuisce a un tocco di nobiltà lombarda. Ma ovviamente non si tratta soltanto di una questione di prestigio. Il premio all’Agricola di Lainate guidata da Aldo Santacatterina (alla sua prima partecipazione al concorso internazionale) è un premio che in qualche modo riguarda tutta la filiera dell’agricoltura lombarda, e la filosofia del km zero. E’ un premio alla filosofia del lavoro. Il patron Aldo ha fondato la sua azienda nel 1983, rilevando un’impresa agricola a mezzadria che il padre gestiva dal 1951, quando da queste parti non erano ancora spuntate le fabbriche. Il caseificio per molti anni ha privilegiato le vacche, poi da quindici anni sono arrivate le capre, ora sono cinquecento, “razza camosciata delle Alpi”.

   

Lainate non è esattamente un borgo da pubblicità del Mulino bianco. E’ un comune all’estremo limite della Città metropolitana, al ciglio nord di quella che un tempo, fino a qualche decennio fa, era stata la cintura industriale milanese. Poi le fabbriche se ne sono andate, a poco a poco il territorio s’è ripreso quel che era suo: è tutto il territorio ex-neo agricolo attorno alla metropoli che da anni (e l’Expo ha fatto ovviamente da benefico volano d’immagine) si sta riprendendo e rilanciando, anche con numeri economici più che lusinghieri. Del resto, bisogna sempre ricordare che Milano è (anche) il comune agricolo più esteso d’Italia, dove si producono riso Dop e latticini. Poi c’è la vocazione imprenditoriale tipica del territorio. Il proprietario Aldo lavora i tre figli e la moglie Anna. L’azienda non è più soltanto un caseificio, c’è anche la ristorazione (due ristoranti) e la vendita dei prodotti km zero. A Lainate, dove un tempo “non era più tutta campagna”.

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"