Cantiere Brera
Apre il bel bookshop della Pinacoteca. Per Palazzo Citterio, ancora si aspetta
Il cortile d’onore della Pinacoteca di Brera, col suo Napoleone di Canova dritto in mezzo, trasmette a chi vi accede un’aria nobile e di ben educata razionalità, com’è nella cifra ideale dell’istituzione, e un po’ anche della città nella sua vocazione di piccola capitale cisalpina, e poi asburgica, e infine europea. Solo che sotto ai portici, fino a ieri, occhieggiavano da infinito tempo diciassette porte tutte chiuse, come occhi di gattini ciechi. Con un vago senso d’abbandono, o di incompiuto, che da sempre accompagna l’immagine di Brera – non solo la Pinacoteca, ma anche la Biblioteca Braidense, l’Osservatorio astronomico e l’Orto botanico. Ieri, finalmente una di quelle porte si è aperta. Ha inaugurato infatti Bottega Brera, il “design and bookshop” del museo che sarà accessibile direttamente dal cortile d’onore. E sembra una cosa da niente, e invece non lo è, perché il destino delle grandi istituzioni museali italiane di rilevanza nazionale è stato a lungo (e per molti versi ancora lo è) incatenato a una serie di vincoli e burocrazie che poco o nulla hanno a che fare con la tutela dei beni artistici. Come appunto la difficoltà di aprire un bookshop adeguato. Riuscire a inaugurare (dopo la nuova porta d’ingresso in cima allo scalone monumentale, dopo il rifacimento delle sale che procede ancora) la Bottega Brera è un’altra tappa del progetto di rinnovamento al quale sta lavorando, non sempre senza polemiche e tensioni, il direttore James Bradburne per “rimettere Brera nel cuore della città”, per citare il suo mantra preferito. L’idea di dotarsi di un bookshop che non sia soltanto una rivendita di oggettistica generica, ma un luogo curato di promozione del proprio brand, che pure aveva fatto arricciare il naso a qualche purista, è nient’altro che in linea con lo standard di gestione dei grandi musei internazionali. Per la caffetteria, bisognerà aspettare fino a giugno 2018.
Ma il vero piatto forte della nuova “Grande Brera” è ovviamente l’attesa apertura di Palazzo Citterio (demanio) che ospiterà “Brera modern”, ossia le importanti collezioni d’arte moderna che ora sono (a dir poco) sacrificate. Un progetto che risale addirittura ai primi anni 70, con la soprintendenza di Franco Russoli. L’ambizione di Bradburne è sempre stata di poter aprire nel 2018, ma ieri ha dovuto limitarsi a dire: “Stiamo ancora aspettando la consegna del palazzo. Quando avrò le chiavi in mano, potrò dire quando apriremo”. Un modo molto diplomatico per evitare polemiche pubbliche con la Soprintendenza dei Beni culturali di Milano, guidata dall’architetto Antonella Ranaldi, che ha la responsabilità del restauro in corso, che inizialmente doveva essere concluso nei primi mesi del 2017 e invece è ancora in corso d’opera. Non sono mancate contetazioni, nelle scorse settimane, sul fatto che qualcosa nel progetto per Palazzo Citterio non abbia funzionato. Contestazioni che portano la firma tra l’altro di Philippe Daverio, che è membro del comitato scientifico della Pinacoteca. Bradburne ha sempre spiegato che, dalla data di consegna, occorrerà circa un anno per l’allestimento. Si resta in attesa. Per parafrasare Napoleone, la sovrintendenza seguirà.
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