Acqua quotidiana
Il leghista che chiude la fontanella davanti alla sede di Pane Quotidiano e i segnali delle periferie
Nel 1898, la razione di pane era di 250 grammi al giorno. Nel 1990 erano un centinaio ogni mattina le persone che si mettevano in fila, in viale Toscana e in viale Monza, per una borsa della spesa, per un pasto, per quel che c’è. Adesso le persone sono diventate poco meno di 4.000 al giorno. Nel 2017 le razioni alimentari distribuite sono state 950 mila. Pane Quotidiano oggi è una onlus, quando nacque a Milano 120 anni fa – ma la stessa cosa accadeva nello stesso anno a Firenze, ed è accaduta e accade in molte altre città – era una associazione laica di benefattori volontari, che in un momento di grave crisi sociale decisero che c’era bisogno di dare da mangiare a chi non ne aveva. Come all’inizio dell’avventura, Pane Quotidiano continua ad essere “un’organizzazione laica, apolitica, apartitica e senza scopo di lucro, che ha come obiettivo primario quello di assicurare ogni giorno, e gratuitamente, cibo alle fasce più povere della popolazione, distribuendo generi alimentari e beni di conforto a chiunque si presenti presso le proprie sedi e versi in stato di bisogno e vulnerabilità, senza alcun tipo di distinzione”. Il motto è sempre quello: “Sorella, fratello, qui nessuno ti domanderà chi sei, né perché hai bisogno, né quali sono le tue opinioni”. Il mondo nel frattempo è cambiato, è ovvio che una quota rilevante di chi si mette in fila per la sua razione quotidiana sia composta da stranieri e immigrati. Ma non soltanto loro usufruiscono di questa gratuita, ostinata generosità. Secondo i dati statistici raccolti dall’associazione, in questi anni sono aumentate altre categorie sociali: “Anziani soli (monoreddito); famiglie con figli a carico e problemi economici; disoccupati e cassintegrati; separati e divorziati”. Per far conoscere meglio questa storia lunga più di un secolo, dal 27 novembre al 6 gennaio 2019 la Triennale ospiterà una mostra fotografica-evento, “Buoni come il pane”.
Tutto questo per raccontare la storia dell’acqua. Qualche giorno fa il presidente del Municipio 2 di Milano, quello in cui si trova la sede di viale Monza di Pane Quotidiano, Samuele Piscina della Lega, ha fatto rimuovere un “dragone verde”, insomma la pubblica fontanella tipica di Milano che zampillava acqua del sindaco lì a due passi dal luogo delle distribuzioni alimentari. La motivazione non farebbe una piega: “Ormai è utilizzata solo per abluzioni, docce e bidet, principalmente da parte di extracomunitari e senza fissa dimora”. Non farebbe una piega, se l’intraprendente leghista di Milano nord avesse profuso altrettanto impegno per garantire, nella sua zona di competenza, servizi igienici pubblici alle persone – anche cittadini italiani, “prima gli italiani!” – che non possono provvedere altrimenti. Ma non pare che sia avvenuto. Piscina (l’ironia dei nomi) ha spiegato su Facebook che “il servizio era diventato inutile per i cittadini e uno spreco di risorse che portava ulteriore degrado nell’area”.
Ovviamente l’iniziativa di chiudere la fontanella ha una valenza polemica e simbolica contro la giunta comunale di Beppe Sala, colpevole di aver troppo trascurato i problemi legati al “decoro” soprattutto delle periferie e al degrado provocato da un numero sempre maggiore di senza fissa dimora che staziona in città (secondo gli esperti della gestione dei migranti, l’entrata in vigore del decreto sicurezza e lo svuotamento dei centri di accoglienza contribuirà a riempire le strade di gente senza un tetto: ma spiegatelo voi a Salvini). L’impressione è che la giunta milanese di sinistra non dovrebbe trascurare i segnali di insofferenza che vengono dalle periferie, e che sono ormai un vero accerchiamento politico al Pd “dei quartieri del centro”. Per ora, a rispondere a muso duro all’iniziativa leghista è stato l’assessore al Welfare Pierfrancesco Majorino: “Quello di Piscina l’ennesimo attacco a Pane Quotidiano da parte della Lega”. Che è anche vero, ma la situazione va affrontata, non dialettizzata. Quelli di Pane Quotidiano badano al sodo.
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