Caccia al cinghialone
Quattrocento incidenti, milioni di danni. L’agricola Lombardia mette mano al fucile. Polemiche
Ci fu un cupo tempo in cui, nei palazzi della politica delle terre ambrosiane, la “caccia al cinghialone” aveva tutto un altro significato. Ma non è che l’ingombrante animalone faccia litigare di meno, oggi che anziché in effigie si presenta di persona. Tutto sta a ricordarsi che, fuori dal centro storico e dal new skyline, Milano è il comune agricolo più esteso d’Italia e la Lombardia una terra in prevalenza di monti, boschi e pianure. Molto antropizzate, come si dice, ma anche abbondantemente abbandonate a se stesse da decenni, e dunque ripopolatesi da animali selvatici come e più che in altre zone d’Italia. Non che i cinghiali pascolino in città come a Roma (persino i Verdi hanno dovuto denunciare il problema) ma se vi spingete giù nella Bassa o verso il parco del Ticino, a volte qualcosa di grosso si muove. E allora è caccia grossa.
Dopo che settimana scorsa, sull’Autosole nel lodigiano, un branco di cinghiali in attraversamento aveva provocato un tamponamento a catena, con un morto e feriti, l’allarme è divenuto generale, con vertici nelle prefetture e coordinamenti incrociati. Ma non è da ieri, l’allarme. Secondo i dati raccolti da Coldiretti, in Lombardia dal 2013 i cinghiali hanno provocato ben 384 incidenti stradali denunciati, che sono costati alle assicurazioni risarcimenti per 600 mila euro. Ma ancor più, i simpatici suini selvatici hanno causato 2.087 danneggiamenti agricoli, che sono costati alla Regione un milione e 670 mila euro di indennizzi. Così già nello scorso giugno la Lombardia ha approvato una delibera dell’assessore all’Agricoltura, Alimentazione e Sistemi verdi, Fabio Rolfi, che in pratica dà il via libera alle carabine. In burocratese, la leggina intende “contrastare il proliferare di cinghiali, soprattutto a tutela della sicurezza e della salvaguardia delle colture agricole”. In pratica, “è una decisione forte – disse Rolfi – che vuole essere una risposta concreta alla situazione di esasperazione che molti agricoltori sono costretti a vivere”. Nel concreto, è la possibilità agli agricoltori provvisti di regolare licenza, di abbattere tutto l’anno i cinghiali, ampliando l’attività di contenimento già in atto.
Apriti cielo. La libera caccia al cinghiale, già in estate, aveva fomentato polemicuzze e battutacce sulla mania per le armi e la legittima difesa tipica degli amministratori leghisti. Adesso, dopo l’allerta seguita all’incidente nel lodigiano si scatenano le associazioni ambientaliste, e in particolare l’Ente nazionale protezione animali, che invita a non lasciarsi andare a facili emozioni: “Siamo sgomenti per quanto accaduto e ribadiamo la nostra solidarietà alle persone rimaste coinvolte e ai loro familiari, tuttavia invitiamo le associazioni degli agricoltori, i cacciatori, i politici nazionali e locali a non strumentalizzare questa vicenda per chiedere insensate e antiscientifiche campagne di sterminio contro i cinghiali e gli altri selvatici, che peraltro non risolverebbero nulla”. E pensare che, se arrivasse l’autonomia, anche nel settore agricolo e della caccia la Lombardia potrebbe fare maggiormente di test sua.
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