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Bella partita, ostica

Maurizio Crippa

Cosa deciderà il comune sulla proposta di Inter e Milan per San Siro? Appunti di calcio teorico

Arriva la fine di ottobre, arriva il momento in cui il Comune di Milano, prima con votazione del Consiglio comunale e con poi decisione della Giunta, dovrà dare risposta al dossier di Inter e Milan per il nuovo stadio e la rigenerazione immobiliare dell’area (comunale) antistante. Bella ostica, direbbero i cronisti d’antan.

 

Attacco. Beppe Sala, rispondendo a braccio ai cronisti mercoledì, ha ribadito un’idea, forse un suo sogno di cuore nerazzurro: “Sarebbe meglio non buttare giù lo stadio”. E ha aggiunto che l’obiettivo del comune è di “non rimanere con il cerino in mano”. Sia il comune, sia i club hanno opposti motivi per ritrovarsi con le dita bruciate.

 

Difesa. Le mosse decisive sono tutte da fare, la partita è per ora in parità perché tutti e due, i club e il comune, hanno tutto da perdere: il comune, se dicesse no, costringerebbe le due squadre a cercare, fuori città, un’altra sede, e si ritroverebbe con un magnifico manufatto di architettura brutalista novecentesca costoso da mantenere e inutilizzabile. Ma se Milan e Inter decidessero per un’altra area (l’ex Falck, oggi Milanosesto, però molto lontana) vedrebbero di molto diminuito il valore potenziale dell’operazione: chi investirebbe 1,2 miliardi, su un’area meno pregiata? Così le squadre stanno chiuse a catenaccio.

 

Regole del gioco. Nel frattempo il comune ha approvato, la scorsa settimana, il nuovo Piano generale del territorio, con vista sulla metropoli del 2030, molto green ovviamente. Fissa paletti di sostenibilità ambientale, consumo del suolo, e soprattutto un indice di edificabilità per aree come quella del quartiere San Siro di 0,35. Il progetto dei due club, molto avanzato in termini di sostenibilità, prevede invece un indice di 0,63. L’altra regola del gioco, che Ac Milan e Fc Internazionale intendono far valere, è la cosiddetta Legge sugli stadi, ovvero il comma 304 della legge di Stabilità del 2014 (governo Renzi, e tanto è bastato al prode Gianni Barbacetto per addossare al Giglio magico pure l’eventuale abbattimento del Meazza) che semplifica le procedure per le società sui propri progetti, aprendo di fatto anche alla possibilità di deroghe su costruzioni e volumetrie, e le forme di finanziamento. Sul tutto, la Legge sugli stadi prevede una “conferenza di servizi” che dia una valutazione tecnica. 

 

Analisi tattica. Il passo avanti nella partita, per ora, è che il parere della Conferenza dei servizi (tutti i soggetti pubblici interessati alla trasformazione urbanistica in oggetto) l’ha fornito in settimana. Risultato sintetico, un “sostanziale assenso, sia pur condizionato”. Nel dettaglio, il documento di 75 pagine contabilizza: bene la riqualificazione dell’area (ora “landa desolata”, come ha detto l’ad del Milan, Paolo Scaroni; ma tutta la parte sud del quartiere, non interessata dall’intervento stadio, è il vero buco nero per il comune), l’indotto occupazionale e persino il minore “impatto acustico”. Ci sono dubbi invece sul piano finanziario (da qui le parole del sindaco Sala). Sub iudice è il fatto decisivo: il progetto richiede una variante del Pgt (l’indice volumetrico è la vera chiave). Infine, e in Italia non si sa mai, “pende la pronuncia della Sovrintendenza” sulla demolizione del Meazza. Poi c’è la richiesta di rivedere la suddivisione degli oneri di urbanizzazione. Anche la parte del verde prevista dai due masterplan presentati non convince. L’Azienda territoriale sanitaria (Ats) vuole che il nuovo stadio sia destinato solo a eventi sportivi: niente concerti, per prevenire l’inquinamento acustico. Più decisivo il “niet” di A2A, contrario al progetto di realizzare “in proprio reti di teleriscaldamento/teleraffrescamento”. Poi c’è il valore patrimoniale del Meazza che è di 44 milioni per le due squadre, il doppio, invece, per il comune. Disaccordo anche sul calcolo degli oneri di urbanizzazione. Ballano troppo le cifre del calciomercato d’autunno. 

 

Fairplay finanziario. Mercoledì, a margine di un evento in Triennale, Beppe Sala ha detto: “Stiamo affidando alle squadre un progetto che non riguarda solo il nuovo stadio ma il ripensamento di un quartiere, un progetto che per essere completato richiederà anni. Allora il problema è come avere la garanzia che questo percorso non si interrompa, trovare una formula che ci garantisca che se si parte, poi si arrivi alla fine”. Un avvertimento a tutte due le società. O forse più al Milan, che ha appena presentato un bilancio in rosso, e gli americani di Elliot, per natura, hanno una concezione del tempo diversa da quella dei cinesi, che pensano per secoli.

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"