L'antico digitale
Alla Braidense hanno digitalizzato tutti i preziosi libri incunaboli, ne è nata anche una bella mostra
In attesa di verificare quali effetti sortirà il nuovo ddl per la “promozione della lettura” appena fatto approvare dal ministro dei Beni culturali Dario Franceschini, la Biblioteca Nazionale Braidense può fare festa per conto proprio, nella sua magnifica Sala Maria Teresa (fu la nostra amata imperatrice d’Asburgo a fondare la Biblioteca nel complesso di Brera), o meglio può fare festa ai suoi antichi libri ritrovati. E digitalizzati.
La festa infatti è una bella mostra (fino al 28 marzo, ingresso libero) che si intitola “Biblioteche ritrovate. Ab artis inventae origine” e che arriva a conclusione di un importante lavoro di catalogazione e digitalizzazione del patrimonio, formidabile, dei libri prodotti all’inizio dell’èra della stampa – ovvero gli incunaboli, letteralmente i libri “in fasce” – stampati prima del 1500 e posseduti dalla Braidense. In totale gli incunaboli di Brera sono più di 2.300, e in tre anni di lavoro la biblioteca, con un finanziamento della Regione Lombardia e la collaborazione scientifica del Centro di ricerca europeo libro, editoria, biblioteca (Creleb) dell’Università Cattolica diretto dal professor Edoardo Barbieri ha realizzato un lavoro esemplare. Sono stati studiati a fondo i volumi, e inseriti nel database internazionale Mei (Material Evidence in Incunabula). Ora sono a disposizione di tutti gli studiosi e gli studenti. Alla fine del lavoro, ecco la mostra curata da Fabrizio Fossati, uno degli studiosi impegnati nel precedente lavoro, con la supervisione del professor Barbieri. Ne è uscito un percorso di scoperte storiche (e di alcune opere a stampa sorprendenti) che è anche un modo per valorizzare un patrimonio di libri antichi che è uno dei maggiori d’Italia, ma anche per valorizzare la Braidense stessa, luogo di assoluto valore culturale che fa parte del complesso di Brera e che merita di essere maggiormente conosciuta dai visitatori, in costante aumento, della Pinacoteca.
Ci sono degli autentici gioielli in mostra, sia per qualità tipografica sia per rarità, tra i 120 incunaboli esposti. Come ad esempio la stampa più antica, una “Bibbia Monumentale” stampata su pergamena (il passaggio dal medium manoscritto al medium libro come lo intendiamo oggi è graduale, come per tutte le cose) stampata a Magonza nel 1462, solo pochi anni dopo la famosa Bibbia di Gutenberg che diede inizio all’età dei libri a stampa. C’è una “Peregrinatio in Terram Sanctam” con xilografie raffinatissime, stampata sempre a Magonza una ventina d’anni dopo. Che testimonia non solo della perizia artistica degli stampatori ma anche di quanto fosse tutt’altro che infrequente compiere quel pellegrinaggio, e lasciarne poi una documentazione scritta e di immagini. Oppure un altro incunabolo di cui si conosce solo la copia posseduta dalla Braidense: un “Auctoritates de Antichristo”, stampato nel 1496, che narra la leggenda dell’Anticristo (gli affreschi dell’Anticristo di Luca Signorelli a Orvieto sono degli stessi anni) con testo latino e volgare. Le “Epistole” di Santa Caterina stampate da Aldo Manuzio a Venezia nel 1500 sono il primo esempio di stampa in corsivo della storia. Ma la mostra non è solo l’esposizione di questi libri antichi, la prima sezione è dedicata alle tecniche di produzione del libro in quel periodo di autentica rivoluzione tecnologica che fu la seconda metà del Quattrocento. Un passaggio d’epoca cruciale, analogo, per certi versi, a quello dei nostri anni con la tecnologia digitale. Per usare la metafora del professor Barbieri, specialista di storia del libro e dell’editoria, si tratta di immergersi in “quel momento cruciale nella storia in cui si è passati dai manoscritti sartoriali, realizzati su misura, ai libri stampati che sarebbero diventati seriali ma che ancora non erano prêt-à-porter come quelli di oggi. L’ultima sezione mostra invece il lavoro di catalogazione e digitalizzazione del cospicuo materiale della Braidense.
La mostra si intitola “Biblioteche ritrovate”, dunque non soltanto libri. Perché grazie allo studio dei fondi antichi si è potuto ricostruire almeno in parte la loro provenienza. La Braidense fu fondata dall’imperatrice Maria Teresa a fine Settecento, inglobando una gran parte della biblioteca dei Gesuiti, che in quel palazzo avevano avuto il loro convento in precedenza. Ma prima di loro, molti libri erano appartenuti ad altre raccolte, private o di istituti religiosi, a Milano e non soltanto. Di qualcuno si è addirittura potuto ricostruire per quali mani sia passato. Comprese quelle di Luigi XV di Francia e dell’Ariosto.
“Biblioteche ritrovate. Ab artis inventae origine”. Biblioteca Braidense, fino al 28 marzo, ingresso libero.
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