Ripa del Naviglio
Ma noi ricostruiremo
I bombardamenti del 1943 e la Milano del lockdown. Fotografie per ricordare, e per capire il futuro
“Ma noi ricostruiremo”. Sono le celebri parole di Antonio Greppi, il grande sindaco della ricostruzione di Milano dopo la Liberazione. E Milano fu ricostruita, in fretta. Per chi non le conosce, vedere le fotografie della Scala sventrata dal bombardamento della notte tra il 15 e il 16 agosto 1943 è impressionante. Ma l’11 maggio 1946 Toscanini diresse il primo concerto nel teatro ricostruito. Fu il simbolo della rinascita italiana. Furono salvati e ricostruiti i gioielli della storia e dell’arte milanese, e furono ricostruite le case e i nuovi quartieri, già pensando a cosa avrebbe dovuto diventare – e sarebbe diventata – la Milano del Dopoguerra e del boom economico.
“Noi ricostruiremo”, o almeno “noi ripartiremo”, è la frase carica di ottimismo che tutti oggi ripetono, dopo la pandemia e il lockdown, fidando che il peggio sia dietro le spalle. Ma in ogni caso, giorno verrà: per ricominciare. Mettere in parallelo la guerra di allora con la sfida che oggi, con un po’ troppa retorica, chiamiamo “guerra” (al virus, alla crisi economica) è una forzatura che non serve. Né dal punto di vista storico, né morale. Come bene sottolineano, con realismo, lo storico Umberto Gentiloni, chiamato a illustrare quella tragica estate del ’43, e Giovanni Bazoli, presidente emerito di Intesa Sanpaolo, che però sottolinea come ci debba essere lo stesso intento etico che fu decisivo allora anche nella situazione difficile di oggi, e quanto la scelta di investire sulla cultura, sulla memoria, sulla condivisione di un patrimonio storico sia una delle chiavi del vero costruire, dell’essere un paese.
Bombe e Covid. Mettere a fianco le foto della Milano bombardata nel 1943 e le foto degli stessi luoghi nei giorni del lockdown non è, così, una giustapposizione casuale, è un’evidenza necessaria che si spiega da sé al visitatore. Il colpo d’occhio è intuitivo, ma la ragione va più al fondo. Inaugura oggi, fino al 22 novembre alle Gallerie d’Italia di Piazza Scala, una mostra fotografica particolarmente azzeccata, “Ma noi ricostruiremo - La Milano bombardata del 1943 nell’Archivio Publifoto Intesa Sanpaolo”. Si tratta di una selezione di 70 fotografie (su un materiale censito, quello relativo ai bombardamenti dell’estate del ’43, di 3.300 scatti). Sono le immagine realizzate e poi provvidenzialmente catalogate con date, nomi, luoghi dall’Agenzia Publifoto, che per oltre cinquant’anni fu l’agenzia fotogiornalistica più importante in Italia.
Un materiale documentario immenso. Nel 2015 l’archivio – un patrimonio di circa sette milioni di immagini, una ìstoria del Novecento – è stato acquisito da Intesa Sanpaolo nell’ambito del suo Progetto Cultura e si sta procedendo alla completa digitalizzazione (già in parte disponibile online al pubblico). Il fondo Publifoto diventerà patrimonio stabile del museo che Intesa sta realizzando a Torino in Piazza San Carlo (la quarta “Galleria d’Italia”) e che sarà interamente dedicato alla fotografia. A curare la selezione delle fotografie, nell’ambito di un più ampio progetto “Viaggio nell’Archivio Publifoto”, un viaggio in Italia, è stato chiamato un giornalista-scrittore che ha anche una particolare sensibilità per le immagini, Mario Calabresi.
Poi è arrivato il Covid, e mettere in relazione “eventi epocali differenti”, dice Calabresi, che però “hanno in comune il desiderio di ritorno alla vita normale, la determinazione a ricostruire quanto distrutto” è stato naturale. Nascono così le foto datate 2020 del fotografo Daniele Ratti, che è tornato nei luoghi, nel punto esatto degli scatti di allora, cercando persino la stessa luce, e ha fotografato la Milano di oggi. Ferita anch’essa, seppure in modo differente, dal vuoto delle giornate del lockdown. La Scala, corso Vittorio Emanuele sventrato, la Rinascente distrutta, i palazzi d’abitazione, il Cenacolo di cui miracolosamente rimase intatto l’affresco di Leonardo – anzi non miracolosamente: i saggi custodi del luogo lo avevano da tempo protetto con impalcature e sacchi di sabbia, così come il patrimonio di Brera, anch’essa devastata, era stato messo in salvo dalla grande Fernanda Wittgens – la Statale e la Cattolica.
E insieme la foto della vita quotidiana, gli sfollati, le famiglie che vivono e mangiano per la strada. Il dramma di ieri e il vuoto interrogativo di oggi. Una mostra ragionata ma semplice, parlante. Commovente per chiunque conosca o ri-conosca quei luoghi. E un messaggio non gridato, ma esplicito: “Noi ricostruiremo”. Perché questa volta non serviranno i mattoni, ma lo stesso spirito sì.
ripa del naviglio