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Donne da altare
Due splendide milanesi molto moderne imboccano insieme la via della santità
Le diede uno schiaffo e tagliò corto: “Con quelle donne non si parla”. Adele Bonolis aveva otto anni, stava camminando per mano a suo padre in piazza Sant’Ambrogio. Lei era rimasta affascinata da quella Cabiria meneghina che camminava su e giù, con un cappellino a fiori, e aveva chiesto al padre come mai nessuno la guardasse. Ne aveva ricevuto la risposta sonora che si dava, non solo negli anni Venti, in tutte le famiglie “cattoliche, ma non praticanti”. Quell’episodio le rimase impresso, forse lì cominciò a maturare quell’attenzione speciale per prostitute e per tutte le altre donne che nessuno voleva vedere: quelle uscite dal carcere, quelle con disabilità. Nata nel 1909, di buona famiglia, Adele Bonolis partecipò alla Gioventù femminile di Azione cattolica, ne seguì le opere di carità, si laureò all’Università Cattolica del Sacro Cuore (da pochi anni fondata, se ne parla più sotto).
Ma già nel 1941 aveva fatto la sua “consacrazione a Dio”, in forma semplice e privata. Dopo la guerra aveva fondato l’associazione Aralde dell’Amore per dare sostanza a quella idea di aiuto, di vicinanza innanzitutto alle donne. Si parla di Adele Bonolis, in questi giorni, perché Papa Francesco il 21 gennaio l’ha proclamata Venerabile, il primo gradino verso la santità. Poiché è una prozia di Paolo, noto presentatore tv, la notizia ha incuriosito persino i rotocalchi. Ma basta guardare il docufilm di Paolo Lipari La Centesima Strada: viaggio alla scoperta delle case di Adele Bonolis, presentato ieri, per scoprire che oltre al nipote c’è di più. Nel 1950, mentre la legge Merlin è ancora in gestazione ma i relativi disastri sociali (non che le donne fossero tutte così libere, nelle case, ma tante erano già state lasciate fuori) apre, con l’aiuto di imprenditori e privati, una prima casa per accoglierle. A Onno, sul lago di Lecco. Poi, a seguito dell’amnistia, nel 1953 ne apre una per le ex detenute, poi una per le donne affette da malattie mentali. Le case divennero quattro, e ancora continuano la sua opera attraverso la Fondazione Adele Bonolis - Assistenza fraterna. Storia di attenzione femminile, di indipendenza di giudizio e di capacità manageriali non comuni, quella della “santità” di Adele Bonolis. Come spiegano i suoi eredi: “Mentre gli altri costruivano le nuove ideologie, lei aveva scelto di fare compagnia a un bisogno”.
L’altra donna milanese a fare un passo sui gradini degli altari si chiama Armida Barelli, un nome più noto, almeno per chi abbia frequentato i chiostri della Cattolica, di cui è stata cofondatrice, assieme a Agostino Gemelli, nel 1921. Nel 1918 era stata tra i fondatori dell’Azione cattolica femminile, e invia dal cardinal Ferrari a fare apostolato tra i giovani. La fama del suo impegno e della sua capacità di mettersi in relazione con i giovani, donne soprattutto, di ogni ceto sociale (un suo impegno fisso, tutta la vita, saranno i diritti delle donne e le politiche per il lavoro e la formazione femminile) arrivò a Papa Benedetto XV, che le affidò lo stesso compito per tutta l’Italia, “non come maestra tra allieve, ma come sorella tra sorelle”. Poi il lavoro, anche intellettuale, della fondazione della Cattolica, la presenza pubblica e tutto il resto di una donna, anche lei, avanti sul suo tempo. Fino alla morte, nel 1952. Ora Papa Francesco ha dato il via libera per la Beatificazione.
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