Giacomo Poretti è il direttore artistico del MotoTeatro (LaPresse) 

ripa del naviglio

A Milano il teatro gira in Apecar

Guidato da Giacomo Poretti, torna il palcoscenico più mobile e piccolo di Milano

Maurizio Crippa

La scorsa estate era stata una sfida nella città dei teatri chiusi: portare con un "mezzo di lavoro" agile lo spettacolo nei cortili, nei chiostri, nelle strade. Quest'anno Teatro Oscar ci riprova. Si comincia in musica con l'Orchestra Notturna Clandestina

Se la gente non va a teatro, il teatrante va a cercarla nelle strade e nei cortili. E se una volta c’era il carro degli artisti scarrozzanti, adesso in città il mezzo di lavoro è l’Apecar. Era nato così, la scorsa estate, coi teatri chiusi per la pandemia e i lavoratori dello spettacolo sul lastrico, il MotoTeatro del Teatro Oscar, il più piccolo palcoscenico che abbia mai girato per Milano. Un teatro grande come il cassone di un Apecar, che entrava nei chiostri di Sant’Eustorgio  o nei cortili popolari (ma veri: no gentrification) di via Porpora, e che quest’anno entrerà addirittura nel sacro quadriportico di Sant’Ambrogio: che accoglierà per cinque date il progetto “VianDante”, idee e poesia per mettere “Dante alla prova della vita”. 

 

Un teatro su tre ruote. Una provocazione, quasi un gioco: ma appunto il gioco è la cosa più seria del mondo, dunque è un lavoro. Altro che scherzare. Sebbene a dare il gas, sul filo dell’ironia, ci fosse Giacomo Poretti, il direttore artistico dell’impresa e fondatore del Teatro Oscar nella sua sede stabile di via Lattanzio, assieme allo scrittore Luca Doninelli e a Gabriele Allevi.  “Il teatro mobile ha una tradizione lunga, dal Carro di Tespi ai saltimbanchi medievali”, diceva infatti Poretti. Salire su un palco di cinque metri quadri era una scommessa anche per gli attori, importanti, che erano stati coinvolti: “Ma chi recita ne rimane affascinato ed è felice di poter riacquisire quel senso di libertà, quasi di anarchia, che su un palco convenzionale è meno acceso”. Era stato, nel piccolo e nel volutamente piccolo di un teatro d’ideazione indipendente, e nel vuoto ancora spaventato di una città chiusa (tolto il benemerito Franco Parenti), un bel successo. Vivo. Non artefatto (“e ascoltano con più attenzione, probabilmente perché sorpresi dal contesto”). 

 

Così rieccola qui, l’Apecar, pronta a rimettersi in moto, in varie location, da lunedì 5 luglio a settembre. Certo quest’anno non nel vuoto pneumatico, anzi ci sono molte iniziative di spettacolo, di teatro, di musica, a invitare (e a contendersi) il pubblico. Ma è appunto uno dei motivi per cui l’esperimento del teatro che va dalla gente ha una ragion d’essere. “Perché è vero che in una città come Milano, dove pure questa situazione di pandemia non ancora finita ha pesato moltissimo, i teatri ci sono, con la loro proposta, o riapriranno”, dice Luca Doninelli, “ma purtroppo è anche più vero che un pubblico per il teatro a Milano, e non so se nel resto d’Italia sia molto diverso, non c’è più. Ci sono i due, tre grandi teatri-istituzione ognuno con i propri spettatori. Ogni volta che vado ci ritrovo il pubblico dei giovani, ma di quando ero giovane anch’io: è ‘il pubblico del teatro’. Per i giovani, invece, quel luogo, quella cosa viva non esiste. Andare in giro con un palcoscenico itinerante è anche un modo per andarselo a cercare, un pubblico diverso”. E’ quello che pensa anche Enrico Melozzi, il direttore dell’Orchestra Notturna Clandestina, quando dice che di orchestre in Italia non ce n’è praticamente più, ed è per questo che lui raduna musicisti e li porta a suonare in luoghi diversi. Sarà proprio lui con la sua Orchestra, lunedì, in compagnia di Poretti, ad aprire le danze dell’estate dell’Apecar, con uno spettacolo che si chiama, mica per niente, “Miracolo a Milano”.

 

Il programma è sul sito www.oscar-desidera.it

Di più su questi argomenti:
  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"