Piero Sansonetti

Stefano Di Michele

Piero Sansonetti ride e non si duole. Magari si stupisce, ma appena un po', neanche tanto. Sansonetti, a sinistra, è ormai quello “strano” – dicono. I puri più puri, quelli che non solo ti epurano, ma avendo la possibilità ti impalerebbero in nome della Purezza lungo il viale della Democrazia. “La maggior parte, a sinistra non mi capisce. Ritiene che o sono impazzito o che ho voglia di protagonismo o che sono travolto da una senile voglia di stupire”.

    Piero Sansonetti ride e non si duole. Magari si stupisce, ma appena un po', neanche tanto. Sansonetti, a sinistra, è ormai quello “strano” – dicono. I puri più puri, quelli che non solo ti epurano, ma avendo la possibilità ti impalerebbero in nome della Purezza lungo il viale della Democrazia. “La maggior parte, a sinistra non mi capisce. Ritiene che o sono impazzito o che ho voglia di protagonismo o che sono travolto da una senile voglia di stupire”. Lui dice che, casomai, è quelli di sinistra che adesso capisce poco, e stranezza per stranezza, “saranno strani loro che vanno appresso a Travaglio, mica io”. E questa sbandata politico-mediatica per il venerato Tamburo Maggiore del Fatto, Sansonetti proprio non riesce a decifrarla. “Lo rispetto molto, ma è un esponente lucido della destra politica italiana. Uno dei giornalisti più bravi, ma di estrema destra. Quelli invece lo scambiano per Pintor”. Dicono di Sansonetti – e dicono allo stesso Sansonetti – che di sinistra non è più, che fa gli occhi dolci a Berlusconi e che Berlusconi che fa gli occhi dolci a lui, amorevoli sensi – ché certe cose mica sfuggono, ogni sorta di malfattore difende, persino da Vespa si fa vedere. Dunque, è forse di sinistra un simil uomo? Sansonetti butta indietro il ciuffo – e ahi, quanto questo ciuffo leziosamente vagante insospettisce il sinistro doc! meglio, meglio allora Montezemolo, capelluto ma democratico, seppur padronale! – e comincia a contare sulle dita della mano: “Io sono molto più a sinistra di tutti loro. Per esempio, sto con la Fiom, tra operai e padroni sto sempre con gli operai, tra guardie e ladri sto con i ladri, tra intercettati e intercettatori sto sempre con gli intercettati, stavo con i rom quando contro i rom c'era il governo Prodi, e tra ammanettati e ammanettatori sto sempre con gli ammanettati, fosse pure De Santis e tutta la cricca… E questo sarebbe di destra? Sono di sinistra, e anche piuttosto classico”.

    Certo che a Sansonetti un (bel) po' stupire piace, ma del resto lui dice così, che se fai il giornalista hai tre possibilità, e allora “o pratichi l'anticonformismo o fai il servo del potere o sei acqua fresca, e in questo non sono mai cambiato: da sempre, da quando faccio questo mestiere penso che debba trasmettere qualcosa capace di stupire”. Non rincoglionimento senile, perciò assicura.
    La redazione de Gli Altri è tutta in due stanzette, in un seminterrato dalle parti di Porta Maggiore – strade silenziose, il tram all'orizzonte, un'aria un po' rarefatta da anni Cinquanta, nei bar hanno il mistrà e ignorano il Mojito: consolante. Nel cortile interno c'è un tavolino di plastica dove la scarna redazione s'aduna: per discutere del giornale o, più spesso, per mangiare la panzanella – e apposita pianta di basilico è stata invasata lì a fianco, per il nobile utilizzo. Roba di destra, questa qui – tanto l'accasamento quanto la panzanella – davvero non pare. Ma la Sinistra Vigilante all'erta sta. E così al compagno Sansonetti tocca, da alcuni mesi in qua, pagare dazio e subire assedi da parte della Vigile Coscienza. Antifascista, per dire – essendo sospettato non solo di smancerie filoberlusconiane, ma persino di complicità filofasciste. E allora squilla il telefonino, e gli dicono che “stasera è meglio se non vieni… mi devi fare un grande piacere… se vieni tu hanno detto che faranno casino il gruppi antifascisti organizzati… salta tutto…”.

    L'antifascismo si turba, se Sansonetti si presenta. In un centro sociale, a San Lorenzo, avevano organizzato una serata per ricordare Edoardo Sanguineti, morto il mese scorso. Sanguineti collaborava col giornale di Sansonetti, “aveva una rubrica, quando gliela proposi volevo chiamarla ‘Il comunista', ma lui preferì ‘Il materialista', è stato molto generoso con noi”, ma stasera Sansonetti non può andare a ricordare il suo amico e collaboratore – perché minacciano casini e contestazioni, a presidio dell'antifascismo, essendosi paradossalmente mutato, l'ex direttore di Liberazione, l'ex condirettore dell'Unità, se non in fascio di suo (ma di suo certamente berlusconiano), in parafascio di certo. Sansonetti posa il telefono, scuote la testa: “Impediscono agli altri di parlare: i fascisti facevano così…”. E qualche settimana fa, durante la festa per il primo anno de Gli Altri, si presentò appunto la tosta militanza antifascista a contestare, lanciando volantini con sopra disegnato un grande topo (si suppone di fogna) e la scritta “Sansonetti & so(r)ci, gli Altri amici dei fascisti” – e il gruppettaro più puro il meno puro assediava, alla fine a Paola Concia, deputata omosessuale del Pd, gridarono “lesbica isterica!”, come un buon fascista, ma solo del tipo più reazionario, avrebbe fatto. E di cosa è accusato, il Sansonetti edificato in versione sansepolcrista? Di aver fatto scrivere gente di destra, fascisti! fascisti!, sul suo settimanale di estrema (ma non paludata) sinistra. Poi ha fatto di peggio: ha firmato insieme ad altri (di sinistra) un appello in difesa di un corteo del Blocco studentesco che altri (di sinistra) chiedevano di impedire.

    “Che sinistra è una sinistra che firma un appello per chiedere alla polizia di impedire una manifestazione politica?”. Fossero pure fascisti. Fossero avversari. Dice Sansonetti che “quell'appello ci ha procurato molti guai”, la posta elettronica del giornale presa “d'assalto da coloro che ci definiscono fiancheggiatori dei fascisti” – e certo fa impressione leggere “Sansonetti fai del bene alla sinistra, anzi no scusa, al genere umano, e sparati”, oppure “la sinistra che campa con questo pseudo intellettuale produce solo monnezza”. Dice che un po' lo fanno ridere e un po' lo impressionano, tutti questi che vanno in giro con le bandiere rosse a invocare la legge Scelba, “un reazionario”, che si coprì a destra colpendo l'apologia di fascismo per poi “mandare la sua polizia a manganellare, arrestare e uccidere centinaia di operai!”.

    Racconta Sansonetti cosa, in tutta questa storia, lo ha colpito di più: “Tra i miei amici più cari, ci sono centinaia di persone che dicono: la libertà viene dopo la legge, la libertà viene dopo la Costituzione, la libertà viene dopo la mia identità, la libertà… Confesso: mi viene da piangere”. E dice pure che questo è un grande problema della sinistra, che “da Bettino Craxi ai centri sociali, ha il mito del potere. E se hai il mito del potere, non hai il mito della libertà. La sinistra questo mito non l'ha avuto. Anche nelle componenti migliori del comunismo italiano – di quelle peggiori non parliamo nemmeno – c'è sempre stata la convinzione che la libertà fosse negoziabile, magari, che so, in nome dell'uguaglianza… Io invece adesso penso che sia il primo valore, tutto il resto è secondario”. E poi quasi stupisce, a proposito delle reazioni a Sansonetti, una certa somiglianza, una certa ripetitività – una certa sinistra, di poche e povere parole, s'intende d'ordine, identico ordine, buone per tutto… Quando andò da Vespa, in una fatidica (e onestamente faticosa) serata in cui c'era Berlusconi, e neanche nominò la D'Addario, ognuno capì che il piano era svelato – ah, Piero il servo! ah, Sansonetti il compiacente! ah, il nuovo Capezzone che s'avanza! ah, il progetto della P2 era pure conquistare i giornali di sinistra! vergogniamoci per lui! ahi, serva Italia! (anche così invocarono). E qualche rimpianto per possibili soluzioni, diciamo, un po' più definitive, “un tempo i traditori venivano fucilati nella schiena, ieri si poteva additarli al pubblico ludibrio, oggi ce li conserviamo in tasca per il non si sa mai, perché siamo democratici, civili, moderni e amiamo il dialogo…”. Si moltiplicarono gli appelli: “E' dovere di ogni antifascista boicottare il quotidiano (che poi è settimanale, ndr.) Gli Altri, nella sua versione stampata e nella sua versione online…”. I più benevoli invitavano Sansonetti a riconoscere che “avete fatto una cazzata”. Risposta ironica del diretto interessato al compassionevole contestatore: “Ma basta che diciamo ‘abbiamo fatto una cazzata' o dobbiamo bere un po' di olio di ricino? L'olio di ricino, eventualmente, ce lo fornisci tu?”. Il manifesto pubblicò uno sprezzante corsivo dove si decantava l'entrata in commercio del “SansonettiGonfiabile”, pupazzone genere bambolona gonfiabile erotica, da tirarsi dietro per ogni occasione. “Viaggiate in treno con un chiacchierone di Forza Italia? Azionate subito il vostro SansonettiGonfiabile e lui gli darà ragione su tutto fingendo di contraddirlo… Lo ha voluto anche Silvio Berlusconi a Porta a Porta, ne è stato molto soddisfatto e ne ha ordinate due casse”.
    La brutta abitudine, a sinistra, di puntare al rinnegato, o nei casi più gentili a una ferma rieducazione – e s'affollano falangi un po' angoscianti di possibili rieducatori. “Sai – dice Sansonetti – quella sera a Porta a Porta con Berlusconi… Invece di chiedere della D'Addario, gli chiesi di un barcone di poveracci, di immigrati, che era stato affondato. Ma di che si occupa, una sinistra seria: della D'Addario o di una strage di disperati? Io mi sono sempre rifiutato, e sempre mi rifiuterò, di parlare con Berlusconi delle sue questioni di sesso… Me lo ricordo ancora, un editoriale di D'Avanzo su Repubblica, dove a un certo punto scriveva, cito a memoria, ma abbastanza esattamente: ‘Berlusconi dovrà rispondere di fronte al Parlamento della sua disordinata condotta sessuale'. Feci un salto: era dal '66, quando lo sentii dire da un prete, e un prete reazionario e bigotto, perché quelli più avanzati non lo dicevano già più, che non sentivo pronunciare le parole ‘disordinata condotta sessuale'. Ma cos'è questa, roba di sinistra?”.

    A parte una spruzzata di Sessantotto, “che ha spezzato un po' l'adolescenza, per esempio non so ballare, nel '68 non si ballava”, già nei primi anni Settanta Sansonetti era iscritto al Pci, poi una vita all'Unità, poi la fase di Liberazione, poi, poi.. Insomma, sempre un vagabondaggio dentro la sinistra. E dice che è peggiorata, l'opinione pubblica di sinistra, che ha subito una sorta di ingaglioffimento. “Peggiorata moltissimo. Non è che questo forcaiolismo dell'opinione pubblica di sinistra nasca dal nulla: nasce da una certa tradizione, nasce dallo stalinismo… Ma una volta, paradossalmente, c'era molta più libertà. Persino dentro al Pci potevi permetterti un po' di libertà di pensiero, oggi se pensi passi per un traditore. Nel Pci, sensibili a certe tematiche, c'erano persone come Ingrao, come Terracini, come Alberto Malagugini. Ora nessuno se lo ricorda, fu deputato e giudice costituzionale, uno che se vedesse in giro Eugenio Scalfari e un Travaglio scapperebbe via, lo stesso se dovesse vedere una norma come il 41 bis. E nessuno si sognava di cacciarlo via o di processarlo”. E nel Pd? Risatina: “Basta pensare che l'ha fondatoVeltroni…” E che vuol dire? “Walter non è un illiberale nei singoli comportamenti. Anzi, mi ricordo che sull'Unità fece intervenire anche Giusva Fioravanti… Se io oggi lo facessi, e prima o poi lo farò, mi fucilerebbero… Ma non è neanche un liberale, ha un'inimicizia istintiva verso il pensiero politico, che secondo lui ingabbia…”.

    C'è da dire che Sansonetti – se voleva stupire, sono anni che stupisce. Strano per molti, a sinistra. Strambo, persino, secondo alcuni. Quando era a Liberazione, si ritrovò sotto la redazione la protesta dei militanti filocubani a causa di alcuni articoli piuttosto duri sulla Cuba di Fidel (peccato internazionalista). Ha fatto il tifo per Vladimir Luxuria all'Isola dei Famosi (peccato di superficialità). Esortò sulla prima pagina di Liberazione: “Chiedete scusa alla Carfagna”, dopo che era stata insultata durante la manifestazione girotondina di piazza Navona, e il monologo della Guzzanti – con pesanti allusioni sessuali. Scrisse Sansonetti: “Trovo che sia un modo un po' fascistoide di fare polemica. Un po' barbaro. Si prende per buona una intercettazione – che se c'è stata è illegale – anzi, non una intercettazione ma le voci su una intercettazione, quasi certamente false, e si usa questa roba per gettare fango e disprezzo su una persona della quale si sa pochissimo, e lo si fa usando i più triviali argomenti sessuali… Credo che Mara Carfagna possa essere criticata in modo severissimo per come sta facendo il ministro (e io la critico). E che si possa fare questo senza rotolarsi nelle pozzanghere e perdere la propria dignità” (peccato filogovernativo e anticomicarolo). Ha chiesto la grazia per la Franzoni, “e oggi lo ripeto: la società non può accanirsi in modo così feroce su questa donna” (peccato con l'occhio a Porta a Porta). Persino l'amnistia per Cesare Previti, quel Cesare Previti!, chiese, “a me quando uno va in prigione mi fa sempre venire i brividi” (peccato per cui non ci sono parole né assoluzioni). Sostenne (incomprensibilmente i più arditi tra i militanti non s'incazzarono), in un inserto di otto pagine, che la sinistra doveva tifare per un pene piccolo anziché per un pene grande – il mitico elaborato “Elogio del microfallo” (peccato di distacco dai bisogni reali delle masse). E in ultimo, ha lodato la legge bavaglio che tanto piace a Berlusconi e tanto poco a tutto il resto dell'universo, con gran fiorire di post-it sulle pagine dei giornali.

    “Secondo me non hanno fatto una cattiva legge
    – ha osato Sansonetti – Negli ultimi anni c'è stato un formidabile cambiamento dello stato di diritto: i giornali si sono spessi arrogati il diritto di processare un sacco di gente. Senza prove, senza indizi, senza nient'altro che alcune intercettazioni: invertendo il principio della prova a carico dall'accusa… trasformando il diritto all'informazione in una sorta di gogna mediatica che assomiglia ogni giorno di più ai principi del linciaggio”. E aggiunge che l'idea che la moralità pubblica consista nel “prendere più colpevoli possibile… stanarli, colpirli e sottoporli al ludibrio pubblico è un'idea assolutamente reazionaria”. Se le va pure a cercare, Sansonetti. Perciò, se adesso – tra il basilico e il caffè, gli chiedi cosa pensa davvero di Berlusconi, non azzanna ma analizza – e già sul fondo voci si levano, questo un servo chiaramente è! “Intanto, per il Milan compri un centravanti, altro che il Caravaggio! Poi, penso sia un grande uomo politico. Un uomo che in questi vent'anni ha surrogato la borghesia italiana, che non esiste, mentre la classe operaia si spappolava. E infatti la borghesia italiana – che non esiste come idee, come innovazione, che è in mano a personaggi pessimi – lo odia… Ma è una speranza anche la sinistra, perché la destra non sta meglio di noi… Berlusconi da quasi vent'anni che svolge la sua funzione, e – a parte gli auguri di durare biologicamente fino a centoventi, come vuole – niente, storicamente, in Italia dura più di vent'anni. Ma la sinistra può riprendersi solo se fa veramente pace con l'idea di libertà”. Come ha titolato una sua risposta a un polemico intervento del suo amico Alfonso Gianni: “La libertà è un valore assoluto, l'antifascismo no. Socrate viene prima di Togliatti”.

    E mica per dire: siccome berlusconiano non è – casomai solo di poca bava – Sansonetti, e reazionari casomai gli assalitori, che il nuovo numero de Gli Altri pubblica un inserto dedicato a Billy the Kid: “Elogio del bandito”. Spiegazione: “Perché facciamo il tifo per Billy? Perché la legge la pensano i potenti, la scrivono i potenti, la applicano i potenti. La sinistra che è diventata legalitarista è una sinistra conservatrice. Ha rinunciato alla ribellione. Non ci piace”. In questi anni di polemica, lo hanno molto colpito gli attacchi del manifesto, “per ogni cosa che facciamo, se non diciamo prima: morte a Berlusconi!”, e l'abbandono del suo amico Franco “Bifo”, leader del '77, “una bella testa”, che scriveva sul giornale e ha smesso dopo il fatidico Porta a Porta col Cavaliere. E gli appare insopportabile, dice, Eugenio Scalfari, “sostenitore prestigioso dell'asse Fiat-De Benedetti, che ha abbandonato ogni spirito critico sostituendolo con questo morbo antiberlusconiano. E' sempre stato con la destra economica, ma una volta era liberale sulla vita civile, ora si è chiuso su posizioni repressionarie. Essendo enorme il suo peso su Repubblica, ed essendo il peso di Repubblica enorme sull'opinione pubblica di sinistra, porta molta responsabilità nel trascinamento a destra della sinistra italiana”.
    Dopo Liberazione, ha avuto offerte da giornali, diciamo così, non di sinistra, Sansonetti. Rifiutate. “Attualmente sono disoccupato, faccio il mio giornale gratuitamente, prendo l'assegno di disoccupazione, mille e duecento euro ancora per qualche mese… Perciò le accuse di tradimento mi fanno un po' pena, così infondate, gratuite… E la cosa peggiore è che a volte non sono neanche fatte per cattiveria, ma per convinzione: colpire, abbattere il personaggio, anche quando, come nel mio caso, non conta un cazzo. E pensano davvero che se uno non sta con Travaglio sia un traditore: questo mi dà un senso di smarrimento e pena”. Ha appreso il culto della non violenza, dice ora Sansonetti, “mi ha spinto a cambiare idea dolcemente”, così da mutare anche quella sul Che con cui conviveva da sempre. “Sempre un grande personaggio. Ma se fai la scelta della non violenza non puoi fare quella di Guevara. La foto c'è ancora, l'icona non c'è più”.