Le tentazioni di un messia
Dominique Strauss-Kahn è un patito di tecnologia. Da quando vive a Washington, e cioè da un anno e mezzo (perché fu Sarkozy appena eletto a farlo nominare, nel settembre 2007, direttore generale del Fondo monetario internazionale) non passa giorno senza testare qualche innovazione digitale, come il pc ultrapiatto che s'accende alla sola vista del suo viso e dal quale è inseparabile.
Dominique Strauss-Kahn, oggi in auge come presidenziabile nella République, è un patito di tecnologia. Da quando vive a Washington, e cioè da un anno e mezzo (perché fu Sarkozy appena eletto a farlo nominare, nel settembre 2007, direttore generale del Fondo monetario internazionale) non passa giorno senza testare qualche innovazione digitale, come il pc ultrapiatto che s'accende alla sola vista del suo viso e dal quale è inseparabile. Fra i potenti della terra, oltre a godere stabilmente dell'acronimo DSK sul Financial Times, simbolo di stato, è anche tra i più abili e assidui ai tasti del telefonino: manda sms a tutto spiano, agli amici, ai collaboratori, alle molte fan, alle moltissime conquiste. Il fatto è che, seduttore riconosciuto e impenitente, è un uomo veloce, e non solo di testa.
Sin da piccolo – è nato a Neuilly- sur-Seine in una famiglia della buona borghesia ebraica con ascendenze ashkenazite e sefardite, ma di fede socialista, ed è cresciuto in Marocco nella ridente Agadir, fino al terremoto del 1960 – è stato allenato alla complessità talmudica. In casa loro, racconta infatti la sorella Valérie, si passavano ore e ore a giocare a “pilpoul”, termine ebraico equivalente a spezzare il capello in quattro: un esercizio di logica congetturale che consiste nello scomporre e ricomporre un ragionamento usando come variabili ipotesi opposte e le più inverosimili, cercando però di sostenere sempre argomenti dirimenti. L'allenamento ha dato i suoi frutti, e oggi il professore a Sciences Po, ex ministro dell'Industria, del Commercio con l'estero, e delle Finanze, di socialista ha solo il nome; in realtà è un riformista radicale e pragmatico, che vuole “dare più capitali pubblici a chi ha meno capitali privati”, è aperto al mercato, sensibile al mondo produttivo, è pronto a rinnovare i vecchi principi con la regolazione globale dell'economia, la redistribuzione della ricchezza, la lotta contro le ineguaglianze. Del resto, è uno che adora il movimento, anzi vuol essere sempre in movimento, “perché il mondo è in movimento” dice, e perciò lui più di ogni altra cosa odia l'immobilismo, non solo fisico, ma politico e culturale, e godrà come un pazzo a schizzare da un continente all'altro, come capo del Fmi, presenziando la mattina un vertice in Zambia, il pomeriggio un incontro a Berlino per ritrovarsi la sera a Parigi a cena coi fedelissimi. E' anche un grande giocatore di scacchi, di quelli che si rilassano sfidandosi contemporaneamente in più ruoli e magari su più di una scacchiera, con mosse impensabili davanti allo schermo muto di un computer. Adesso, però, è alle prese con una delle partite più difficili della sua vita.
Incensato dai sondaggi per aver ristrutturato in pochi mesi un mastodonte come il Fmi, snellendo gli uffici, svecchiando il personale, triplicandone il bilancio di intervento, e soprattutto per l'azione risoluta di fronte alla crisi dei subprime, DSK è vincolato ad astenersi dalla politica francese. Negli ultimi tempi, ha fatto la spola tra Washington e Parigi, ma da quando si precipitò in rue Solférino per assistere a un vertice del Partito socialista senza peraltro aprire bocca, è stato richiamato all'ordine dal Fmi che ora vigila sulle sue fughe. Tutto questo mentre il 76 per cento dei francesi, secondo l'Ifop, lo considera la personalità politica preferita (a pari merito con l'ex presidente Jacques Chirac), il 49 per cento, secondo il sondaggista BVA, lo preferirebbe come candidato socialista contro il 16 cento per Martine Aubry, e il 56 per cento lo reputa un leader dell'opinione pubblica, più gradito (dati del Csa) dello stesso Sarkozy nel duello per l'Eliseo.
Eppure, mentre le cifre corroborano la candidatura in pectore, con qualche vistosa eccezione come ieri OpinionWay sul Figaro, il mandato al Fmi gli preclude ogni presa di posizione. La cosa, di per sé confortante, è talmente surreale da spingerlo in un labirintico gioco di ruoli: sparire e apparire, dire e non dire, annunciare e smentire. “Non che io non voglia rispondere, ma per ora non posso pormi la questione: sarebbe una distrazione, nel senso inglese del termine, rispetto al mio attuale compito. Ho intenzione di esercitare soltanto il mio mandato al Fmi; se però voi mi domandate se in altre circostanze io possa pormi di nuovo la questione, la risposta è sì”, diceva DSK con qualche contorsione ai primi di febbraio. Passano tre mesi, la sua stella internazionale rifulge di nuova luce grazie al prestito Fmi alla Grecia, pari a un terzo rispetto a quello dell'Ue, e la sfinge riappare sulla prima pagina di Libération: “La mia riflessione non è compiuta, ma è iniziata”.
Nel dilemma intanto si coltiva l'attesa messianica e crescono le voci, le notizie, i pettegolezzi intorno all'eventuale, probabile, quasi certa, impossibile, attesa, impensabile eppure forse inevitabile candidatura alle presidenziali del 2012. E mentre piovono appelli, come quello lanciato dal governatore della Borgogna, per convincere i non pochi oppositori interni al partito, i fedelissimi come Pierre Moscovici parlano già di “candidato naturale”, e gli esperti si interrogano: che effetto gli farà lasciare la poltrona del Fmi? Davvero DSK, che è un notorio epicureo, amante del lusso, delle donne, della bella vita, vorrà rinunciare a un prestigioso incarico internazionale per gettarsi nell'agone franco-francese? E quand'anche, riuscirebbe mai a trovare, per battersi, la stessa energia del suo avversario Sarkozy? “Il mandato a Washington scade a novembre del 2012, ma per candidarsi all'Eliseo DSK dovrebbe lasciare il Fmi prima dell'estate del 2011 e partecipare alle primarie socialiste fissate in autunno”, spiega al Foglio il cronista del Monde Jean-Michel Normand. “In questo calendario, il summit del G20, nel maggio del 2011, segnerebbe per lui l'apice e la svolta”. Macché primarie, ribatte Stéphane Fouks, capo di Euro RSCG e consigliere di DSK, “quando cominciano son già finite”, meglio vincere la battaglia dell'opinione.
Così, in questo mare di supposizioni, i media francesi da giorni cavalcano l'ondata di libri che sta per abbattersi sul pubblico. Sono infatti almeno cinque i saggi su DSK in preparazione; la lista include il ritratto autorizzato commissionato a Claude Askolovitch, da Grasset dopo l'estate; la biografia dei duellanti, Sarkozy e DSK, scritta da Alexandre Kara e Philippe Martinat che esce mercoledì prossimo da Max Milo; un saggio sulla strategia del Fmi davanti alla crisi; mentre Hubert Coudurier, editore di un seguitissimo sito web, dice di aver rinunciato “per mancanza di comunicazione” al progetto di una biografia politica: “DSK persegue la ‘stratégie du manque'”, spiega al Foglio con tono lacaniano. “Vuole suscitare desiderio, perciò evita di incontrare la stampa, diffondendo messaggi sibillini. In realtà, pensa solo all'Eliseo. Sa che Martine Aubry è fuori moda e il programma fondato sul ‘Care', presentato all'ultimo Consiglio nazionale del partito è ridicolo quando l'Eurozona rischia di esplodere. In più, è l'unico in grado di fare la pedagogia della globalizzazione”.
Nel frattempo però resta sottotraccia. Di fronte ai “ragots“ messi in circolazione da un libro controverso uscito l'altro ieri da Plon, “DSK. Les secrets d'un présidentiable”, opera di una fantomatica Cassandre, il candidato coperto lascia che a muoversi siano i suoi moschettieri: Fouks, Gilles Finchelstein, Ramzi Khiroun, e Anne Hommel, oggi tutti in pianta stabile all'Euro RSCG. I quattro, infatti, hanno subito inondato le redazioni di dieci pagine di estratti dal controverso libro denunciando una serie di errori di fatto e di plagi da precedenti scritti e articoli, utili a screditarne l'attendibilità. “L'autrice o l'autore si spaccia per una dell'inner circle”, dice al Foglio Ramzi Khiroun, il disinnescatore di mine promosso dalla banlieue di Sarcelles all'intendenza stretta di DSK e portavoce oggi anche del gruppo del filosarkozista Arnaud Lagardère. “Ma questa Cassandre non ha mai collaborato con noi, altrimenti saprebbe che noi lavoriamo a Suresnes e non a Issy-les-Moulineaux, che Finchelstein lavora con DSK dal 1997 e non dal 1991, e il matrimonio del giugno 2007 non era della figlia del premier lussemburghese Jean-Claude Juncker, bensì quello di Marine Strauss-Kahn, la figlia di DSK”.
Il fatto è che i francesi in politica adorano lo scontro permanente. L'antagonismo è uno sport nazionale, nessuno rinuncia al corpo a corpo, alla guerra continua di una squadra contro l'altra: si spiega così come mai la fantomatica Cassandre descrive la “Gang”, cioè i quattro fedelissimi di DSK e i loro misfatti, in contrapposizione alla “Firme”, alias la cerchia degli intimissimi di Sarkozy. La stampa, invece di arbitrare, blandisce lo scontro, lo nutre, lo incoraggia anche a costo di mettere in circolazione voci infondate e affermazioni irrilevanti. Sarà anche per questo che nel papiello dei comunicatori di DSK, non viene nemmeno citato l'aspetto più scabroso del libro di Cassandre, che riguarda le notti del politico socialista alle Chandelles, night club libertino nel Primo arrondissement, col loro corredo di foto compromettenti. E' il capitolo che più preoccupa i quattro addetti all'immagine di DSK, perché rivela un debole, la libido generosa, la passione sfrenata, il gusto per le donne, che anche nel paese meno ipocrita e più disinibito del mondo rischia di minare qualsiasi ambizione presidenziale. Il fatto è che la misteriosa Cassandre, che promette di uscire allo scoperto con un'intervista via email su Voici, settimanale gossip di grande tiratura, ha osato rivelare un dettaglio tenuto finora sotto chiave dalla stampa francese. Stando agli autori di un'inchiesta sulle magagne di DSK uscita un anno fa, “Hold uPS, arnaques et trahisons”, l'angelo custode di Sarkozy, Frédéric Lefebvre, tipo un po' energumeno un po' bodyguard che sembra uscito da un film di Tarantino e oggi ha la funzione di portavoce dell'Ump, a proposito delle primarie socialiste del 2006, avrebbe detto che DSK non aveva comunque nessuna possibilità di vincere le elezioni, millantando l'esistenza di foto imbarazzanti e minacciando di metterle in circolazione. Gli autori dell'inchiesta, Karim Rissouli e Antonin André, sostengono nel loro libro che queste foto esistono, e citano un'addetta stampa che le avrebbe viste, precisando che “potrebbero uscire da un momento all'altro”. Lefebvre, invece, dopo l'uscita del libro, si è subito premurato di smentire i due autori, che a loro volta hanno insistito nella loro versione. Fatto singolare, nessuno dei recensori del libro ha prestato attenzione a questo dettaglio. Adesso, la misteriosa Cassandre ci ritorna sopra rivelando che le foto in questione, peraltro di pessima qualità, mostrerebbero DSK in un locale scambista, in compagnia di un senatore socialista.
A Parigi, naturalmente, tutti sapevano o immaginavano. L'episodio era noto ai lettori di “Sexus politicus”, inchiesta osé uscita da Albin Michel alla vigilia delle ultime presidenziali. E l'edonismo epicureo e libertino di DSK, la sua propensione alla conquista permanente di prede femminili in qualsiasi luogo e a qualsiasi costo, visto il numero esorbitante di conquiste, consenzienti e appagate, o riluttanti e deluse che fossero, sono arcinoti. Infatti, fra le presunte vittime ce ne sono persino di molto esibizioniste, come la biondina Tristane Banon che ha spiattellato in tv il mancato allacciamento, mentre lo stesso autore della trasmissione, Thierry Ardisson, ha detto a Radio Montecarlo di avere almeno 14 amiche con cui DSK ci avrebbe provato. Il fatto è che oltre ad essere un motivo di orgoglio nazionale, in un paese che sin dai tempi di Enrico IV ha sempre coniugato la gloria del potere all'esuberanza sessuale, oltre a essere un motivo di vanto per la moglie di Strauss-Kahn, Anne Sinclair, la star del giornalismo televisivo che ha ammesso di essere sedotta dal marito seduttore, perdonandogli l'avventura di una notte con l'ungherese Piroska Nagy, la sfrenata libido di DSK è anche oggetto di aperta satira.
Può succedere infatti di sintonizzarsi di prima mattina su France Inter, stazione radio di stato, e imbattersi in un umorista selvaggio come Stéphane Guillon, alle prese con una demolizione crudele. E' successo il 17 febbraio 2009. DSK, di passaggio a Parigi, tra il G7 di Roma e il G20 di Londra, era reduce dalla tempesta per la sbandata con l'ungherese del Fmi; assolto dall'accusa di abuso di potere, aveva fatto pubblica ammenda confessando “l'errore di valutazione”. Ospite del giorno su France Inter, prima dell'intervista in diretta, il poveretto si è dovuto sorbire il surreale sketch di Guillon (potete vederlo su YouTube) che annunciava le misure eccezionali prese dalla stazione radio per l'occasione: “Tra pochi istanti DSK penetrerà in questo studio. E' la prima volta che torna in Francia dopo la sua avventura con una giovane ungherese occhialuta, responsabile delle fotocopie al Fmi. Dominique ci ha fatto l'onore di scegliere France Inter, e lo stesso titolo del nostro programma, ‘Sept sur dix', credo lo ecciti enormemente.
Naturalmente, in seno alla redazione – anzi chiedo scusa, non ho il diritto di pronunciare il termine ‘seno' per non risvegliare la bestia – sono state adottate misure di sicurezza eccezionali: i membri femminili della redazione sono tenuti a indossare abiti sobri, lunghi e antisesso: banditi cuoio, tacchi a spillo, scollature. Hélène accoglierà DSK in burqa, Agnès può venire vestita come vuole perché anche con DSK non rischia niente. Tutti i luoghi oscuri e isolati della stazione radio, garage, bagni, e alcuni armadi, sono stati chiusi. Un avviso di allerta è previsto per l'evacuazione del personale femminile: all'apposito segnale, siete pregate di dirigervi tutte senza eccezione verso l'ascensore: non è il caso di ritrovarsi tra sette mesi con una marea di congedi per maternità. Del bromuro verrà versato nel caffé di DSK, l'organo piu conosciuto del Fmi, e due telecamere, una sul tavolo, l'altra sotto, verranno attivate…”.
DSK è stato al gioco; da libertario ha ammesso il diritto e il dovere per un politico di sottoporsi alla satira, salvo esprimere un apprezzamento: “L'umorismo non è divertente se è solo cattiveria”. Ma il fatto nuovo è un altro. Al vertice di Pittsburgh di settembre, chiuso con Sarko nei bagni del Convention Center, ha avuto uno scambio chiarificatorio: “Ne ho abbastanza dei pettegolezzi sul mio privato e sulle presunte foto che potrebbero uscire contro di me. So benissimo che parte tutto dall'Eliseo. Perciò o dici ai tuoi di smetterla, o vi porto in tribunale”, ha detto DSK al presidente. Da allora ha dato mandato al suo avvocato di querelare tutti per diffamazione. Lo farà contro Cassandre?
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