E' morto Antoine Bernheim
A Parigi lo chiamavano ironicamente Tonio per quella sua faiblesse verso l’Italia, Trieste e le Assicurazioni Generali dove per oltre trent’anni ha sempre giocato un ruolo chiave. Antoine Bernheim, socio gerente della banca d’affari Lazard fino a che non diventò americana dieci anni fa, esponente tipico della haute finance francese, gran giocatore di bridge, ha intrecciato la sua esistenza con Mediobanca, Fiat e, appunto, le Generali come amministratore e come dirigente.
A Parigi lo chiamavano ironicamente Tonio per quella sua faiblesse verso l’Italia, Trieste e le Assicurazioni Generali dove per oltre trent’anni ha sempre giocato un ruolo chiave. Antoine Bernheim, socio gerente della banca d’affari Lazard fino a che non diventò americana dieci anni fa, esponente tipico della haute finance francese, gran giocatore di bridge, “parrain” cioè padrino di grandi uomini d’affari come Bernard Arnault (LVMH è stata costruita sotto la sua direzione strsategica) o Vincent Bolloré a lui legato da un affetto quasi filiale, ha intrecciato la sua esistenza con Mediobanca, Fiat e, appunto, le Generali come amministratore e come dirigente. L’origine del legame risale al misterioso pacchetto Euralux.
Nel 1970, Enrico Cuccia mette Cesare Merzagora a capo di Montedison nella cui cassaforte era contenuto un pacchetto di Generali equivalente a quello custodito da Mediobanca. Quando tre anni dopo Eugenio Cefis dall’En i prende il comando di Montedison, Cuccia lo convince a cedere quelle azioni vendendole a una società lussemburghese chiamata Euralux che fa capo formalmente a Lazard attraverso una serie di società dai nomi balzachiani come la Rue Impériale de Lyon, Société immobilièere marseilliese, Eurafrance. L'operazione viene seguita personalmente da Cefis, Cuccia, Alfonso Desiata di Generali, e Antoine Bernheim. Quando si dice i destini incrociati. Merzagora va su tutte le furie e denuncia un piano per far finire il Leone di Trieste sotto il controllo di Mediobanca, Lazard e amici come Gianni Agnelli e Camillo De Benedetti cugino di Carlo. E' vero, è stato lo stesso Merzagora a chiedere a Cuccia di sbarazzarsi di Cefis che a lui non piace. Però l'operazione gli sfugge di mano.
Su Euralux per decenni sono fiorite leggende. A chi risponde il misterioso avvocato Jacques Loesch? E' un nome conosciuto nel paradiso lussemburghese, ma certo uno che non opera in proprio tanto meno se a lui fa riferimento il 40% di Euralux, la quota nettamente maggiore. Chi dice che dietro ci sia Agnelli chi che in realtà faccia riferimento solo a Cuccia e Bernheim. Il secondo dubbio riguarda il pagatore,. Con i soldi di chi è avvenuta questa complicata transazione? Entra in scena Tradveco la filiale che Mediobanca possiede a Monrovia, in Liberia, della quale si è servita più volte per operazioni ad alto rischio. Il banchiere Michele Sindona, accusato di usare i soldi della mafia e poi ucciso da un caffè al veleno, accusò Cuccia di aver usato i fondi neri accantonati durante la fusione ITT-Hartford, curata da André Meyer per Lazard. Merzagora disse che era il frutto delle attività estere di Cuccia. Ma le stesse Generali, attraverso la controllata Concorde finiscono per possedere una quota di Euralux che a sua volta detiene il pacchetto chiave della compagnia. Insomma, incesto finanziario bello e buono, con tanto di catoplebismo come Mattioli chiamava questi incroci perversi, citando il mitico mostro che mangia le proprie zampe.
Gianluigi Gabetti ha raccontato che il gruppo Agnelli fu trascinato dentro con la Ifint (Ifi international) quasi senza sapere bene di che si trattasse, per pura obbedienza fiduciaria ai desideri di Cuccia. Tanto poco sapeva che quella partecipazione venne infilata nella Sai, compagnia di assicurazioni della Fiat. Quando, però, a metà anni '70 il gruppo torinese si trovò sull'orlo del crack, la cedette a Raffaele Ursini il finanziere siciliano patron della Liquigas. Quando, poco dopo, questi fece fallimento, quel pacchetto tanto strategico quanto misterioso passa, con l'intera Sai al costruttore Salvatore Ligresti e per lui, uomo d'affari fino ad allora sconosciuto, serve da biglietto di presentazione a Cuccia che gli sarà sempre amico. In cambio custodirà senza ficcare mai il naso, il pacchetto misterioso che riviene a galla in modo clamoroso a metà anni '80, quando lo stesso Merzagora in un articolo di fuoco su Repubblica svela la trama che avrebbe portato alla "privatizzazione di cartapesta" di Mediobanca: in base al progetto le tre banche di interesse pubblico (Comit, Credit e Banco di Roma) proprietarie della banca d'affari avrebbero ridotto i loro diritti di voto per pareggiare i privati che pure possedevano quote infiori. In quell'occasione, Cuccia spiegò che le azioni si pesano non si contano. La Dc, in particolare Beniamino Andreatta e Romano Prodi presidente dell'Iri, si opposero. Bettino Craxi difese il progetto Cuccia. Il braccio di ferrò durò anni e alla fine si arrivò a un barocco compromesso.
Nel marzo 1973, insieme alla operazione Euralux, viene stretto anche il patto di sindacato per Generali, un accordo segreto, custodito in cassaforte, in base al quale il Leone di Trieste è mani e piedi legato a Mediobanca e Lazard in modo tale che nessun altro azionista potrà mai avere un ruolo rilevante, a meno che non sia un fantoccio delle due banche d'affari. Merzagora ingoia, lo stesso farà il suo successore Randone che ne prende il posto nel 1979, un uomo ancor più organico ai voleri dei veri patron, Cuccia e Bernheim. Se il lettore pensa che ci stiamo perdendo nei meandri di una storia ormai morta e sepolta (in fondo Cuccia si è spento nel 2000 e Lazard ormai è una società americana), ebbene va ricordato che Bernheim, pur con alti e bassi è rimasto al vertice fino all'aprile scorso quando è stato sostituito da Cesare Geronzi. Ma il suo pupillo, il brillante finanziere bretone Vincent Bolloré è ancor oggi uno degli azionisti chiave di Mediobanca e vicepresidente di Generali dove ha svolto un importante ruolo di mediatore nella tenzone tra Diego Della Valle e Geronzi. Dunque, è storia, ma non fa parte del passato. Anzi, il racconto ci serve a spiegare perché ancor oggi sia così importante questa compagnia di assicurazione per molti versi anomala e perché lo scontro di potere a Trieste viene sempre considerato la madre di tutte le battaglie finanziarie.
Euralux si scioglie dopo la morte di Cuccia e viene fusa in Mediobanca che, così, viene a possedere oltre il 14 per cento di Generali. E' un altro passaggio delicato che coincide, ancora una volta, con un cambiamento politico forte: Silvio Berlusconi ha vinto le elezioni, chiudendo un lungo ciclo di governo del centro sinistra che, al contrario di quel che si possa credere, ha sempre avuto un rapporto deferente nei confronti di Cuccia. Clamoroso l'incontro con Massimo D'Alema del 1999, quando l'allora presidente del Consiglio si schierò per l'autonomia di Mediobanca e accettò il niet alla fusione tra Banca Commerciale e ...... che avrebbe rimescolato gli assetti proprietari. Mediobanca che durante gli anni delle privatizzazioni guidate da Prodi, aveva partecipato solo agli affari minori, cedendo il passo a Goldman Sachs e a Lehman Brothers, torna protagonista con la scalata di Roberto Colaninno a Telecom Italia. Nemmeno la morte di Cuccia, così, ridimensiona Mediobanca nel cui azionariato nel frattempo entra anche Fininvest. Ma la successione non convince alcuni dei nuovi protagonisti della banca e della finanza. Vincenzo Maranghi è salito al vertice come successore naturale (i due eredi più giovani, Matteo Arpe e Gerardo Braggiotti hanno gettato la spugna e navigano per altri lidi), ma la sua autorità viene sfidata da Alessandro Profumo capo di Unicredit e Geronzi alla guida di Capitalia. Insieme, acquisiscono un pacchetto di Generali che provoca la caduta di Maranghi. Alle Generali resiste Bernheim (che lo stesso Maranghi aveva scalzato per alcuni anni) consumando così il gusto morbido della vendetta. Ma poco, quando con la fusione tra Unicredit e Capitalia, al vertice di Mediobanca sale Geronzi, si rende conto che gli equilibri sono cambiati e per sempre.
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