Un referendum è l'unica strada per l'Atac
Per arginare inefficienze e disservizi della grande municipalizzata del Campidoglio, l'unica soluzione è liberalizzare l'azienda. La proposta di Riccardo Magi
A Roma il trasporto pubblico non funziona, Atac è un’azienda in stato di perenne fallimento”. Per arginare inefficienze e disservizi della grande municipalizzata del Campidoglio, forse resta solo la strada del referendum. Pochi giorni fa ci ha pensato Riccardo Magi, segretario di Radicali italiani. L’obiettivo è rivoluzionario: liberalizzare il sistema, rompendo il monopolio e aprendo alla concorrenza. A partire dal 3 dicembre 2019, così recita il quesito, Roma Capitale dovrà affidare tutti i servizi relativi al trasporto pubblico, tanto di superficie che sotterraneo, mediante gare pubbliche. Il motivo, spiega Magi, è sotto gli occhi di tutti i romani costretti a muoversi con i mezzi pubblici. “Oggi Atac non offre servizi efficienti e perde centinaia di milioni l’anno”. Il dossier presentato da Radicali italiani è impietoso. Solo nel 2015 sono state soppresse oltre 650 mila corse. Ormai l’età media degli autobus è pari a dieci anni, quella dei tram supera i trenta. Nel frattempo “la mancata manutenzione delle metropolitane provoca continui ritardi e guasti”.
“Non si tratta di privatizzare” spiega Magi. “Piuttosto di liberalizzare. Chiediamo che venga messa a gara la gestione del trasporto pubblico locale, fermando il monopolio malato dell’affidamento diretto”. Un favore ai privati? “Niente affatto. Questa iniziativa restituisce al pubblico il suo ruolo principale: programmare il servizio ed esigere che venga gestito correttamente. Il bene comune non è Atac, ma il servizio offerto ai cittadini. Invece a Roma stiamo ancora con gli autobus che prendono fuoco…”. Il tema è più ampio. Da consigliere comunale Magi si è occupato più volte delle municipalizzate, sollevando dubbi sul modello di gestione. “Atac è l’esempio più eclatante, ma è lo specchio di tutto il sistema delle partecipate romane”. E non solo quelle. In questi giorni, a Milano, i radicali stanno combattendo per ottenere la liquidazione di Infrastrutture lombarde, una partecipata regionale.
“Parliamoci chiaro – insiste Magi – oggi l’Atac è un crocevia di interessi corporativi, serve ad alimentare clientele politiche e sindacali. Ecco perché è una realtà intoccabile”. I dodicimila dipendenti rappresentano un enorme un bacino di voti. “Ci sono esponenti politici che concludono le proprie campagne elettorali direttamente nelle sedi del Dopolavoro Atac”. Forse non è un caso se pochissimi parlamentari hanno aderito all’iniziativa. “Abbiamo mandato una mail a tutti, ma quasi nessuno ha risposto. In compenso ci sono molti accademici ed economisti”. Intanto i Radicali hanno quasi raccolto le prime mille firme. Tra i sottoscrittori più noti spiccano il professor Francesco Giavazzi e il senatore Pietro Ichino. Raggiunto l’obiettivo, sarà possibile depositare il quesito in Campidoglio. Valutata l’ammissibilità del referendum, ci sarà un mese di tempo per raccogliere 29mila firme, pari all’1 per cento della popolazione. In città non mancano le polemiche. Pochi giorni fa Linda Meleo, assessore alla Mobilità, ha definito “divertente” l’iniziativa radicale. “Secondo me – dice Magi – i tre milioni di romani che hanno a che fare con il trasporto pubblico non si divertono per niente”.