Polizia locale, a Roma sono molto poco vigili
Età media 53 anni, più ufficiali che agenti, invisibili per strada. Ieri tragedia durante un blitz: morto un ambulante senegalese
Di vigili ce ne sono ora a Roma 5.800, lo stesso numero del 1975. Nel frattempo le automobili sono moltiplicate per tre e sono arrivati nuovi e complessi compiti, con l’aumento dell’immigrazione (ieri un ambulante senegalese è rimasto ucciso, forse investito da una moto dei vigili urbani mentre cercava di sottrarsi a un controllo anti abusivi) e con regole sempre più specifiche per commercio e turismo, mentre il codice della strada si è arricchito di decine di articoli. Una legge regionale fissa l’organico ideale in proporzione ai residenti in città. Per Roma, applicando la norma, si dovrebbe salire a 8500. Obiettivo forse eccessivo ma certamente impossibile da conciliare con le condizioni del bilancio. Lo sforzo massimo che l’amministrazione è riuscita a fare è un concorso in via di completamento per far entrare nei ranghi 300 nuovi agenti della polizia municipale, numero esattamente pari a quello degli uscenti annuali con destinazione la pensione. Perché con un’età media di 53 anni il corpo dei vigili di Roma ha nell’Inps il suo azionista di maggioranza. Ben vengano quindi i nuovi 300, se non altro, giovani e forti, abbasseranno l’età media. Trovano un nuovo capo, Diego Porta, uno di loro, che ha percorso i gradi all’interno della Municipale. E trovano rinnovati i capi di quasi tutti i gruppi in cui è divisa l’organizzazione. Rinnovamento, si osserva, è parola che potrebbe travisare. Un tentativo più aderente al concetto di rinnovamento era stato quello di Ignazio Marino, con la nomina di un esterno, Raffaele Clemente, proveniente dalla Polizia di Stato. Ma era il costante approccio mariniano: capire il problema, sbagliare drammaticamente la soluzione. Che qualcosa andasse riorganizzato non c’è dubbio, ma pensare che fosse solo un problema di ordine e disciplina era sbagliato oltre che, e siamo nuovamente nella visione mariniana, un approccio leggermente venato da un’antropologia negativa del romano.
Stesso errore che potremmo fare in questa analisi. Cavarsela velocemente, fare una tirata alla Rizzo e Stella. Si riciccia lo scandalo del capodanno con le malattie, si buttano lì un po’ di dati sulle strade abbandonate, qualche storiaccia di soldi, e si va avanti. Serve? Moderatamente. Anche perché quell’approccio, insieme alla cultura del sospetto (per gli altri) e alla assolutizzazione dell’onestà, ci porterebbe nella condizione della giunta Grillo/Casaleggio. Con la sindaca Virginia Raggi che ha trattenuto per sé la delega alla Polizia Municipale e ha interrotto qualsiasi canale di comunicazione con i vigili, oltre a fermare l’attività amministrativa sul settore. Ha paura di sbagliare e non fa. Per il nuovo capo rinnova scegliendo all’interno. Rinnova tornando indietro. Avendo oltre alla paura di sbagliare anche qualche idea potrebbe perfino lasciare un segno positivo. Perché la cattiva organizzazione interna si potrebbe contrastare senza sconvolgimenti, ma riportando il Corpo a un ragionevole rapporto tra compiti e produttività. E’ stato un tarlo originato presumibilmente dall’alleanza tra amministrazione e alcuni sindacati a erodere l’efficienza della Municipale o meglio della polizia di Roma Capitale. A contratti non particolarmente ricchi sì è affiancata una straordinaria disponibilità alla promozione e il Corpo ha raggiunto un record mondiale con il numero di ufficiali e dirigenti superiore a quello degli agenti. Scelta che porta con sé una serie di storture, tra cui spicca l’attribuzione della parte di salario aggiuntiva legata alla produttività. Niente per gli agenti (perché il contratto, non ancora rinnovato, venne azzerato da Marino con atto unilaterale), risultato pieno per ufficiali e dirigenti. A volte con effetti comici o grotteschi, per esempio nel caso della certificazione degli obiettivi di produttività attraverso la fluidificazione del traffico presso alcuni incroci. Come si fa? Si piazzano due vigili presso incroci perfettamente gestiti da semafori dotati anche di controllo con telecamere e ci si intesta il risultato. A volte poi succede che tra i due vigili uno voglia contrastare la noia e si metta a gestire direttamente il traffico, spegnendo il semaforo, col risultato di migliorare quello specifico incrocio ma di far saltare la sincronia con gli altri. Lavoro inutile se non dannoso ma buono per attestare il raggiungimento dell’obiettivo.
Insomma di vigili in strada ce ne potrebbero essere di più ma dovrebbero essere strappati ai compiti più facilmente affidabili all’automazione. “Si avrebbe un grande miglioramento del servizio ai cittadini, anche nell’importante aspetto della sicurezza percepita, spostando i nostri colleghi inutilmente piazzati in certi incroci ad esempio fuori dalle scuole, sui bus, nei parchi, presso alcuni luoghi davvero strategici per la mobilità e in orari particolarmente rilevanti”, ci dice Marco Milani, coordinatore romano per l’Ugl della Polizia locale. Il suo sindacato a Roma ha una posizione interessante perché è fuori dagli accordi dei vari tavoli con cui si è gestito il non-contratto ma sta aumentando nelle iscrizioni a fronte di un calo per Cgil, Cisl e Uil, la cui entità è tenuta riservata ma che dovrebbe aggirarsi attorno al 35 per cento.
Dove stanno i vigili? Molti negli uffici, per la precisione il 40 per cento del totale, certo, ma quel dato precedente sull’età media ci fa intuire che, pur scontando un certo tasso di opportunismo, gli appigli legali e contrattuali per ottenere di essere esonerati dal lavoro esterno sono facili da trovare e inattaccabili. E poi c’è che negli uffici vengono anche chiamati da altre amministrazioni. In Procura, a fare fotocopie, ce ne sono 100. Il Campidoglio ne utilizza altri 115 in funzioni di controllo degli ingressi e pletorica rappresentanza (ne basterebbero una decina). C’è un gruppo di pronto intervento per il centro storico, i cui compiti sono rimasti un po’ sul vago, che ne arruola un’altra cinquantina. Ciascun gruppo, e sono più di venti, ha capo, segreteria, protocollo, funzioni varie legate alla digitalizzazione post-intervento. Cose necessarie ma che erodono il totale degli operativi su strada. E i pochi che restano possono essere impegnati negli orari marginali in numero ovviamente esiguo. Risultato: di botte levatevi dalla testa l’idea di un loro veloce intervento su chiamata, mentre l’anarchia stradale non è contrastata.
In più non avrebbero neanche strumenti per intervenire. Sempre sull’altare dell’onestà, infatti, oltre a essere bloccati gli appalti anti-buche (e sulle voragini si comanda un vigile a fare da scudo umano) sono stati fermati anche quelli per la rimozione. E il vigile chiamato per un mezzo che intralcia il traffico, con la sola consolazione di agire nella più adamantina onestà, non sa che fare per far rispettare la legge. In giro sono pochi, ma prendono molte botte. Solo per garantire lo svolgimento del Concerto del primo maggio 4 vigili sono stati aggrediti. Per il più grave i giorni di prognosi sono venti e, da ricoverato o esentato dal servizio, vedrà saltare i giorni di assenza dal calcolo della produttività. Dai Casamonica o dai Moccia a fare i sequestri di beni rubati o a pretendere il rispetto di norme urbanistiche ci vanno loro, e non è un divertimento. Vorrebbero un riconoscimento specifico per un’attività che è diversa da quella degli uffici comunali. Chi va veramente su strada lo meriterebbe, chi si è approfittato degli interstizi legali e delle cordate amicali no. Ma è dal contratto, fermo dal 2008, che si dovrebbe ripartire. La delega è della sindaca. Buona fortuna.