A Roma vince Macron
Solo il 10 per cento dei francesi residenti nella capitale ha votato Le Pen. Inchiesta tra gli “expat”
Il Presidente della Repubblica francese, pochi lo sanno, è il protocanonico onorario di San Giovanni in Laterano, la cattedrale della città di Roma e la più antica basilica d’Occidente. Nicolas Sarkozy nel 2007 venne nell’Urbe a prendere possesso del titolo (con solenne cerimonia in latino), cosa che il laicissimo Francois Hollande si guardò bene dal fare cinque anni fa. Dopo le tensioni col socialista, i tanti ecclesiasti francesi in Vaticano (su tutti il cardinale Tauran) si aspettano un rapporto più amichevole col centrista Emmanuel Macron. Vincerà? Al primo turno, il 42 per cento degli elettori della Republique residenti a Roma ha votato per lui. Marine Le Pen si è fermata al 10. D’altronde, tra Fendi, Bnp Paribas, assicurazioni e mondo dell’energia, i francesi romani sono globalisti ed europeisti. Alcuni sono autentici expat, altri dei cittadini di doppia nazionalità come la politologa Sofia Ventura (“Ho votato Fillon al primo turno, ora scelgo Macron per difetto…”). C’è persino un comitato “En Marche”, coordinato dal trentenne Antoine Arel, un trascorso in Enel e ora titolare di un’impresa italo-francese di comparazione di tariffe energetiche. “Ci incontriamo una volta a settimana – spiega – tra di noi c’è di tutto: imprenditori, studenti, giornalisti… Macron è come il Renzi degli albori, ma spero faccia riforme più profonde...”. Il cuore della Francia romana sono oggi le due scuole francofone, l’istituto cattolico di Saint Dominique sulla Cassia e il liceo pubblico Chateaubriend. Ci sono poi le chiese, San Luigi de’ Francesi e San Nicola dei Lorenesi, luoghi obbligati di passaggio dei turisti religiosi ma anche dei residenti stabili. Il quartier generale dei lepenisti è il secolarissimo Carré Francais, a Prati, spazio gastronomico e culturale (ottimi i piatti, pare) di proprietà del discusso Frederic Chatillon, amico di Marine fin dall’università e al centro della fitta rete di interessi finanziari del Front National. Persino l’architettura razionalista da Italia anni Trenta sembra evocare i legami tra il mondo della destra francese e il ventennio fascista. “Per l’ultra nazionalismo francese – spiega Jean Pierre Darnis dello IAI – Roma è ancora un punto di riferimento, il simbolo dell’identità latina e imperiale di cui la Francia è depositaria”. Con il rischio che le elezioni legislative di giugno siano una guerra campale tra cinque partiti e con l’ormai avvenuta rottura del “fronte repubblicano” anti-Le Pen, la Francia sembra italianizzarsi. “Queste elezioni segnano la fine della Quinta Repubblica e delle sue istituzioni”, commenta Eric Jozsef, corrispondente di Liberation. “Erano istituzioni fatte per dare molto potere a un presidente-monarca”, continua, “intorno al quale si creano molte aspettative. Ma oggi la Francia è una media potenza, l’Eliseo non è in grado di incidere sulle grandi dinamiche internazionali come la finanza, la competizione produttiva, l’immigrazione… e le aspettative vengono frustate. La Francia può ancora essere una grande nazione, ma solo in un contesto europeo”.