Estate romana, contributi a pioggia al primo che passa e pasticci amministrativi
La filosofia pauperista della giunta a cinque stelle svilisce anche la manifestazione copiata persino in Francia
Se “una foresta che cresce non fa rumore” (copyright Virginia Raggi), l’estate romana che salta qualche rumorino lo farà di certo. Se nel 1977 Renato Nicolini varava con pochi soldi e un mix di azzardo e fantasia, una manifestazione poi copiata in tutta Italia e persino in Francia da Jack Lang, oggi la filosofia pauperista della giunta a 5 stelle rinnova la sua capacità di paralisi totale anche sul piano culturale. Da un lato ha vinto il ricorso al Tar del Lazio sulla gestione del Colosseo, dall’altro ha di fatto già fatto saltare in aria l’estate romana nel quarantesimo anniversario della sua istituzione. Dopo le promesse di istituire i bandi entro marzo, poi a fine aprile, quindi a metà maggio, tutte puntualmente disattese, ora si parla di una manifestazione fra il 30 giugno e il 30 settembre, perdendo un mese cioè, giugno, a favore di un altro, settembre, da sempre a forte rischio acquazzoni – leggasi annullamento di qualsiasi iniziativa all’aperto cioè estiva, appunto.
Si rischia insomma di partire concretamente non prima del 10 luglio perché, come spiega Federico Fantinel, libraio e collaboratore delle manifestazioni a Villa Ada, “stanno andando avanti con le commissioni giudicanti senza prima analizzare i dubbi di ammissibilità per le associazioni, per cui si rischiano ricorsi e annullamenti, ma soprattutto si mettono in crisi gli operatori storici facendo saltare i piani economici e la programmazione a chi ha in cantiere i progetti più ambiziosi e di più largo richiamo”. Chi ha costruito cartelloni importanti in fin dei conti non è in grado di stipulare contratti con musicisti, allestitori, maestranze varie che muovono una piccola ma significativa economia stagionale se si somma l’indotto (alberghi, trasporti, ristorazione), del tutto paragonabile a quella turistica costiera. “Se gli operatori storici riusciranno comunque a far fronte altrimenti, chi invece si è impegnato di più facendo debiti e dovendo accollarsi spesso anche i costi assicurativi di un evento all’aperto che non sarebbe loro compito, rischia molto seriamente di chiudere per sempre la propria attività”.
Il risultato insomma è che se i festival storici (All’ombra del Colosseo, Roma InConTra, Villa Ada Incontra il Mondo) probabilmente ci saranno, sebbene in tono minore, lo spazio principale andrà all’offerta più scadente e improvvisata. Possiamo leggere così la decisione, squisitamente politica, di appoggiare con il contributo comunale minimo tutti i festival con budget sopra i 100.000 euro, percepito come il gruppo Bilderberg dei festival evidentemente, per dare invece contributi a pioggia ai primi che passano un po’ come successo a capodanno, la ormai proverbiale fine delle competenze. Una manovra politica che mira al consenso a corto raggio, dando contentini a tutti per non dover scegliere nulla su cui puntare, ma con un problema in più perché anche le manifestazioni storiche che non hanno chiesto contributi diretti come Villa Ada si trovano invischiate nelle procedure dei bandi che bloccano la cantierizzazione. Siamo sempre fermi allo stesso punto: cantiere, lavori pubblici, sia mai. Panem et circenses da quattro soldi, vecchia politica, altro che il “meraviglioso urbano” del compianto Nicolini.