Giornalismo apostolico
Scriviamo delle mosse intorno alla direzione di Avvenire, e ci risponde (ma perché?) Tornielli
Mentre passeggio per Trafalgar Square col mio ombrellino d’ordinanza, mi avvertono via sms (non Whatsapp, ma sms) che sul suo blog personale il giornalista Andrea Tornielli, principe indiscusso dei vaticanisti d’Italia e amico intimo del Santo Padre, s’è arrabbiato per quel che avevo scritto la settimana scorsa in queste poche righe. Scrive, Tornielli, che il suo viaggio del Papa in Colombia è iniziato male per colpa di “un velenoso (e anonimo) articolo sul Foglio, nel quale riciclando una vecchia bufala circolata in ambienti clericali si diceva – senza fare il mio nome, ma lasciandolo intendere – che starei addirittura trattando con la Cei per ottenere cifre a sei zeri! Non c’è neanche un briciolo di verità in tutto ciò”. Ne prendiamo atto. Ma da quale parola virgola o punto l’irato Tornielli avrebbe inteso che si parlava di lui? Dal fatto che loda le docce per i barboni in San Pietro? O forse dal fatto che non risparmia inchiostro per lodare con magniloquenza et gravitas ogni gesto del Sommo Pontefice, vuoi che sia mettere gli scarponi neri ai piedi o usare una croce di legno anziché quella preziosa di Joseph Ratzinger? S’è sentito chiamato in causa per questo? Penso di sì, e mi spiace davvero. Anche perché non ho alcuna ragione di credere che, rispetto alla confidenza sul prossimo incarico ad Avvenire, il vaticanista sia stato trovato un po’, come si dice a Roma, col sorcio in bocca.