Santità, quanto paga?
Cambia il direttore di Avvenire. Malizie, speculazioni e stipendio (richiesto) dal successore di Tarquinio
Cambio di direttore ad Avvenire, la voce gira da un pezzo, la stagione di Marco Tarquinio è finita ed è tempo di cercare il sostituto. “Guarda che l’hanno già trovato”, mi dice il vescovo (arcivescovo, pardon) che delle beghe della Cei, conferenza episcopale italiana, sa tutto. “E chi sarebbe?”, chiedo io ignara di tutto. “Non importa chi sarà, ti basti sapere che avrebbero dovuto annunciarlo qualche tempo fa, solo che c’è stato un problema… come dire…. economico”, mi spiega l’augusto interlocutore rimboccandosi le maniche della camicia démodé a quadretti giallo-verdi. Cioè?, domando io, sottoposto a criptico interrogatorio. “Diciamo che il compenso richiesto dal candidato in questione alle casse è un po’ altino, un po’ tanto. Un po’ troppo”. Roba a sei zeri, dice abbassando la voce in modo che nessuno possa sentire (ma vicino a noi ci sono solo due turisti americani che mangiano pizza, alle cinque del pomeriggio, e studiano una incomprensibile mappa di Roma). Mi sussurra il nome (che non si riporta perché è giusto aspettare la conferma ufficiale), resto basito. Ma chi l’avrebbe mai detto, ma come è possibile che l’autore di memorabili articolesse sulla chiesa povera per i poveri, il compositore di lodi entusiaste a ogni mossa papale in favore degli ultimi, dalle docce per i barboni sotto il colonnato petrino, alle camerate in stile ostello a due passi dalla santa piazza, finisca per contrattare il suo impiego a cifre da ceo dello Ior, di qualche ong tanto vituperata dal vescovo di Roma? “Eheh, caro mio. A domande così, solo Iddio nostro può rispondere. Forse”.