Colomban vola via
Lascerà a fine mese, ma cosa ha fatto in un anno l’assessore manager che veniva dal nord? Poco
Era arrivato nel settembre del 2016 come Re Taumaturgo dei mali di Roma, Massimo Colomban, l’assessore dimissionario che ieri ha presentato con il sindaco Virginia Raggi il piano di riordino delle Partecipate vistato da Beppe Grillo. Era arrivato dal nord, con la nomea di imprenditore-Mister-Wolf-risolvo-problemi per l’inesperta Raggi, alle prese con i guai di Atac e Ama. Parlava riferendosi come esempio a Sergio Marchionne, Colomban, auspicando codici etici e rinascita nell’amministrazione capitolina. “Per cambiare Roma ci vuole molto tempo”, diceva. E curiosamente è quello che ha detto anche ieri, a proposito del piano a cui ha lavorato per dodici mesi: “Per arrivare alla fine di questa ristrutturazione ci vogliono dai tre ai cinque anni”. Ma non la farà lui, che già in giugno aveva annunciato le dimissioni per fine settembre: la farà il suo successore ed ex collaboratore (piazzato da Raggi) Alessandro Gennaro, presto assessore numero 18. E ci si domanda allora quanto davvero taumaturgico sia stato l’intervento di Colomban, visto che il piano di riorganizzazione non è molto diverso, come fanno notare i cronisti al sindaco, dal riordino pensato dal prefetto commissario Francesco Paolo Tronca e, in parte, da quello immaginato, prima di lui, dall’ex sindaco Ignazio Marino (particolare non da poco: sull’argomento i cinque stelle gli avevano votato contro).
Ma il sindaco Raggi dice che no, il piano attuale è molto diverso, e che sì, i cinque stelle avevano votato contro la delibera di Marino, ma perché la delibera medesima “aveva una valenza soltanto economica”. E intanto le slide illustrano il riordino-partecipate e si apprende che il gruppo Roma Capitale passerà da 31 a 11 società, producendo “subito potenziali benefici economici per 90 milioni di euro”, e che il piano lambirà anche il settore aeroporti, farmacie e assicurazioni. Raggi ringrazia Colomban e lui, con eloquio efficientista e parole volanti in inglese, ripete più volte che è stato orgoglioso di poter dare un contributo ai cinque stelle – augurandosi che il M5s introietti i suoi consigli. Ma qualcosa, se non tutto, appare meno perfetto del previsto. Non soltanto per i rimandi all’opera di Tronca, ma anche per quello che Raggi chiama “misunderstanding”: “Non abbiamo mai avuto l’intenzione di cedere Acea o parte di Acea Ato 2”, dice, mentre c’è chi ricorda che l’intenzione era stata invece manifestata dall’ingegner Paolo Simioni, altro manager chiamato dal nord quando si cercavano, come nel caso di Colomban, uomini capaci di parlare alla pari con i tanto vituperati cosiddetti “poteri forti” della città (vedi Caltagirone), altrimenti impermeabili alle sirene dei nuovi venuti a cinque stelle.