I soldi nel Pd romano sono finiti. E pure i voti
Così CasaPound sorpassa il partito democratico nei sondaggi per il X municipio
"C’è una nuova questione romana: non quella dei rapporti tra stato e chiesa, ma quella del rapido declino della capitale d’Italia”, ha scritto tempo fa sul Corriere della Sera Sabino Cassese, giudice emerito della Corte costituzionale, proponendo un piano straordinario in tre punti. E però, intanto, un’opposizione (Pd) c’è, a Roma. E il compito dell’opposizione è di aiutare la città non soltanto sottolineando in Campidoglio, con esplosione di vis polemica negli interventi della capogruppo pd Micaela De Biase, le mancanze del sindaco a Cinque Stelle Virginia Raggi, cosa ormai anche automatica, visti i tanti inciampi della giunta grillina (autocelebratasi alla festa di M5s a Rimini con un elenco di 254 autodenominati “successi”). Servirebbe un disegno (e noi ce l’abbiamo, dicevano tre mesi fa i candidati al congresso del pd romano che ha poi eletto il trentacinquenne Andrea Casu). Solo che il disegno fatica a comporsi all’orizzonte. E si ha l’impressione di un partito d’opposizione locale che, anche su impulso nazionale (area Zingaretti, area Franceschini), preferisce al momento il passo felpato, con l’idea che “tanto Raggi si mette nei guai da sola”. Ma, come si è visto in passato, contare sui disastri altrui non è sufficiente. Secondo riflesso condizionato: il raccontare il Pd come reduce post-commissariato dalla batosta di Mafia Capitale. Racconto che può diventare, alla lunga, rifugio insicuro e alibi per non spostare l’azione su un piano politico-propositivo. Ci si è domandati infatti, nel corso dell’estate, perché il Pd non cavalcasse una battaglia come quella del referendum su Atac (l’aiuto ai Radicali per la raccolta firme è arrivato all’ultimo miglio, dopo un mese di distinguo) e si limitasse alla protesta, veemente ma non risolutiva, sul pasticciaccio del nuovo regolamento ambulanti voluto dai Cinque Stelle (si può urlare “vergogna”, ma il problema è più ampio, e riguarda l’intero tessuto economico della città).
Sullo sfondo resta il crollo finanziario del Pd locale, raccontato sempre come conseguenza della disaffezione post Mafia Capitale e del venire meno del finanziamento pubblico, con contorno di licenziamenti, indebitamento e piano di rientro annunciato dall’ex commissario Matteo Orfini in giugno. “Chiederò un contributo straordinario agli eletti”, diceva Orfini, mentre si cominciava a pensare anche al sostegno “creativo” (tipo pranzi di sostegno a cinquanta euro). Intanto le elezioni a Ostia si avvicinano. Ci sarebbe molto da fare per l’opposizione di centrosinistra ai Cinque Stelle, per evitare che al fallimento economico si sovrapponga un altro fallimento politico, tanto più che in questi giorni sondaggi riservati danno il Pd, a Ostia, non soltanto dietro al M5s ma anche dietro CasaPound (rilevata al 10 per cento).