LaPresse/Fabrizio Corradetti

Chi c'è dietro la candidatura di Pirozzi alla Regione Lazio

Gianluca De Rosa

I principali sostenitori della sua discesa in campo e l'accordo tra Salvini e Storace nel centro-sud 

Roma. Sergio Pirozzi si candiderà alla guida della Regione Lazio, probabilmente lo annuncerà dopo il 5 novembre una volta passate le elezioni in Sicilia e a Ostia. L’attesa ha anche lo scopo di non infastidire Fratelli d’Italia e Forza Italia. “Per ora ci penso, ma non ho deciso: è un mondo pieno di orchi”, aveva detto. E Francesco Giro, senatore di Forza Italia ed ex consigliere regionale ci suggerisce di leggere al posto di “mondo” la parola “centrodestra”.

  

Pirozzi intanto ha mostrato i muscoli: sala piena, l’altro ieri, per la presentazione del suo libro (duemila ascoltatori) e sondaggi riservati che lo darebbero vincente contro Roberta Lombardi e Nicola Zingaretti. Ora sta al centrodestra chiamarlo, sennò il rischio è la candidatura in solitaria, anche perché ha detto il sindaco di Amatrice in metafora calcistica: “Una squadra vince se ha una visione comune e un linguaggio condiviso”. Insomma, mi candido, ma se lo faccio per il centrodestra, queste sono le condizioni.

  

I principali sponsor della candidatura di Pirozzi sono da mesi i leader del Movimento nazione identitaria, Francesco Storace e Gianni Alemmanno. Adesso, però, è il segretario della Lega, Matteo Salvini, che lo vorrebbe come coordinatore per tutto il centro Italia. Non è un caso che sia stata Elisa Isoardi, fidanzata di Salvini, a presentare il libro di Pirozzi martedì, come non lo sono le posizioni che il sindaco di Amatrice ha esposto in diverse interviste sui referendum in Veneto e Lombardia: “Ho sempre creduto nel federalismo. E’ giusto responsabilizzare gli enti”, ha detto. Non di certo la posizione di Fratelli d’Italia, il partito di cui Pirozzi fa parte (per ora), l’unico nel centrodestra contrario ai referendum autonomisti. “Sarei felicissimo se si candidasse”, ha affermato Salvini alla presentazione del libro. Concetto ribadito al Foglio dal segretario regionale di Noi con Salvini, Francesco Zicchieri: “Io lo voterei di certo, l’altro giorno ascoltandolo mi sono commosso”. La mossa di Salvini però non piace a Forza Italia: “Se noi facessimo così in Lombardia i leghisti ci prenderebbero a calci”, si arrabbia Giro.

  

Ma anche in Fratelli d’Italia non c’è entusiasmo. Giorgia Meloni si sente schiacciata dai leghisti: “Come fare a dire di no alla candidatura di Pirozzi?”. Gli alleati un’alternativa l'avrebbero data: “Candidati tu, Giorgia”. E’ quello che le ha detto anche Maurizio Gasparri. Meloni, però, non ci pensa nemmeno. “Ho fatto il ministro e il vicepresidente della Camera a trent’anni, e mi sono candidata premier”. Nella sua testa ci sono aspirazioni di governo nazionale. Un ministero nel 2018, per esempio.

  

Forza Italia non ha mandato nessuno alla presentazione del libro del sindaco di Amatrice: un’assenza che Giro spiega così: “Era un fatto privato”. Poi aggiunge: “L’area ex An ha espresso nella seconda repubblica tra Roma e regione Lazio sette candidature, Forza Italia una, è normale che oggi pretendiamo di avere un diritto di prelazione. Se Pirozzi si autocandida, Forza Italia dice di no, e il centrodestra diviso non sarà colpa nostra. Anche dopo aver vinto, bisogna anche poter governare. E io vorrei ricordare a tutti com’è andata con la Polverini”. Eppure qualcuno dentro Forza Italia dice che il benestare di Silvio Berlusconi stia per arrivare: Pirozzi in regione, con una lista personale (“lo scarpone”) da proporre poi anche nella coalizione da presentare alle politiche, per racimolare qualche percentuale in più. “Pirozzi d’Amatrice, decisivo per le elezioni nazionali? Onestamente mi pare fantapolitica”, conclude Giro. Chissà.

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