Gentista di destra
Il sindaco di Amatrice scende in campo, e la conferenza stampa sembra il vaffa day di Grillo
Roma. “Non sono qui per dirvi che mi candido perché lo sapete già, ma vi chiedo perché mi dovrei candidare? Rispondo io: non per bramosia di potere, non per fare gli interessi di qualcuno ma perché penso sia giusto ridare voce ai territori”. Questo ha detto il sindaco di Amatrice e candidato dal basso (con padrinato occulto: Salvini) alla presidenza della regione Lazio Sergio Pirozzi, presentando il simbolo della sua lista “Lo Scarpone”, e in quella frase con domanda retorica c’è già tutto lo spirito arcitaliano di colui che, nel dopo-terremoto, si è mostrato come l’eroe civico che chiede ai politici (gli altri) “di sporcarsi mani e piedi” – parole sue.
Andrà avanti comunque, Pirozzi, dice Pirozzi, dichiarando altresì di non essere più iscritto a Fratelli D’Italia, partito di provenienza, andrà avanti anche in caso di candidatura unica del centrodestra (ieri Berlusconi ha commentato con una sorta di “Pirozzi, chi era costui?” la notizia della corsa in solitaria del sindaco di Amatrice). Ma il punto non è tanto la concorrenza a destra, quanto l’emersione di un gentismo di destra che trova il suo portabandiera nel Pirozzi sfasciacarrozze del modus operandi altrui (noi giriamo per le periferie, loro fanno i banchetti, dice; loro fanno le primarie ma non è un mio problema; noi ci auguriamo che non ci siano “ritorsioni” contro Amatrice perché altrimenti mi arrabbio come una bestia). Ed è nemesi per i Cinque stelle che del blandire l’indistinto malumore popolare pensavano di avere eterna esclusiva, tanto che Pirozzi mette Roberta Lombardi nello stesso carrozzone in cui mette Nicola Zingaretti, figli della stessa casta che, dice il candidato, ha sfruttato la “visibilità” alla regione e in Parlamento. Ma è nemesi anche per chi, a destra e a sinistra, pensa sempre che mimando il lessico populista si possa sconfiggere il populismo – e invece quello ti si ripresenta con nuovo sembiante. E Pirozzi parla come avrebbe potuto parlare un Cinque stelle ma da avversario dei Cinque stelle: ci sono tutte le parole chiave. Come sulla decurtazione stipendi: chi si candida con me dovrà lasciare ogni mese mille euro a un fondo associazioni, ha detto. O come sull’onestà, dea onnipresente di ogni gentismo, in chiave Pirozzi mondata della componente di “pura inesperienza”, anche visto il caso Raggi: “Penso che l’onestà vada messa insieme con la capacità, perché l’onestà con l’incapacità genera disonestà”.
C’è anche il libro: il candidato, come fosse un Alessandro Di Battista, ha già scritto “La scossa dello scarpone”, cronaca ex post dei mesi duri di ricostruzione e manifesto programmatico di uno che gli scarponi li regalava davvero ai politici che visitavano Amatrice (come al ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini).