Dubbi a San Pietro
L’irritualità delle lettere critiche e private al Papa (ma pubblicate dovunque) riesplode in Curia
I dubia un anno dopo sono sempre lì, sul tavolo del Papa e rilanciati da siti internet per lo più d’oltreoceano. “E lì resteranno, senza risposta. Sarebbe anche ora di metterci una pietra sopra”, dice il monsignore con cui pranzo – molto presto – al Papalino, storico ristorante a due passi dalla Segreteria di stato. Saltimbocca alla romana con cicoria all’agro più un dessert a fare da complemento. Il commensale è uno di quelli che condivide i dubia ma pensa che la strategia messa in campo in questi ultimi dodici mesi sia stata sbagliata. “Catastrofica. Se si manda una lettera privata al Papa non la si pubblica dopo”, dice sicuro. “E poi quella formulazione… le risposte erano già indirizzate”. E che cosa avrebbero dovuto fare i firmatari, prima quattro e ora rimasti in due?, domando. “Aspettare, chiedere udienza al Pontefice senza mandare lettere o rilasciare interviste ai giornali. Invece si è scelta la mediatizzazione, con tutte queste petizioni e raccolte di firme”. Mi spiega il monsignore che è questo l’aspetto che ha fatto infervorare Francesco: la pubblicità data al tutto, l’affronto, il voler mettere il Papa in un vicolo cieco. “Bergoglio non tollera l’aut aut, non può farlo e non deve farlo. Per questo non ha risposto e per questo non risponderà”. E la spaccatura?, replico. “La spaccatura si allargherà progressivamente, ma non è che rispondendo ai dubia o all’ennesima intervista del cardinale Burke, l’armonia tornerà a regnare sovrana. Ci voleva pragmatismo, invece si è scelto di puntare tutto sull’ideologia e i risultati sono sotto gli occhi di tutti”.