LaPresse/Stefano Costantino

Pranzi a San Pietro

La gran sottana

Orecchiando la conversazione (a tavola) tra due vescovoni che commentano lo “scisma” di Müller

Domenica. Pranzo alla Taverna Angelica con conoscenti, pochi e fidati. Ecco entrare due noti vescovi della chiesa, italiani entrambi. Guardo l’orologio e capisco che sono in regola: hanno ascoltato l’Angelus papale. Si accomodano al tavolo davanti al mio, pronti a degustare i manicaretti di cui la Taverna è rinomata (non a caso è considerato il miglior ristoranti anti turisti della zona vaticana). Butto l’orecchio e sento che parlano fitto, uno argomenta e l’altro apre le braccia come se dovesse dire il Pater noster. Poi, di colpo, sussurrato ma chiaro, il nome: “Müller”. Capisco che i due stavano commentando il colloquio uscito proprio quella mattina sul Corriere della Sera, con l’ex prefetto del Sant’Uffizio che paventava uno scisma e se la prendeva con il cerchio magico bergogliano. “Ha ragione e vedrai che prima o poi bisognerà fare la lista di questi consiglieri”, diceva il più anziano. L’altro, intento a fare palline con la mollica di pane, ascolta e dice: “E perché? Per essere fucilati o finire nel girone dei pazzi retrogradi? Lascia perdere, dai tempo al tempo. Prima o poi anche lui s’accorgerà dei pavoni che gli fanno la ruota”. “Lui” intuisco essere il Papa mentre i “pavoni” sono i membri del cosiddetto “cerchio magico” che Müller aveva denunciato parlando con Massimo Franco. “E se arriviamo a uno scisma?”, chiede l’anziano. “Maddai, su. Ma quale scisma? Che fanno, l’antipapa vestito con sei metri di strascico e le scarpette rosse, così da essere subito messo a confronto con il Papa dei poveri? Sono solo colpi di mortaretto. Le cose si decideranno al prossimo Conclave. O si va avanti, o si torna indietro. Tertium non datur”.

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