Il consiglio comunale di Roma (foto LaPresse)

I consiglieri comunali alla guerra contro gli assessori di Casaleggio

Massimo Solani

Batracomiomachia a cinque stelle. Stefàno contro Meleo, Calabrese contro Montuori, tutti contro Meloni

Roma. “Roma ‘n vo’ padroni”. Alla buvette dell’assemblea capitolina non capiterà di sentir citare “Er Puma” di Romanzo Criminale, ma i toni di certi capannelli fra i consiglieri grillini sono sempre più simili a quelli di alcune riunioni segrete. Tira aria di tempesta e il voto della scorsa settimana sull’accordo di programma per lo spostamento di cubature da via della Nocetta a Lunghezza, con le contestazioni all’ assessore Luca Montuori, è il segnale che basta una scintilla per far deflagrare lo scontro. Al punto che dopo due tesissime riunioni di maggioranza è dovuta intervenire in aula la sindaca Raggi per assicurare il numero legale, sminare la “defezione” di sei consiglieri vicini all’ala di Roberta Lombardi e scongiurare un terremoto. Certo non il modo migliore per spegnere le tensioni dopo l’intervista del presidente dell’Agenzia per il controllo della qualità dei servizi pubblici del Comune Carlo Sgandurra, grillino doc eletto dalla maggioranza in Assemblea, che sul Messaggero aveva accusato Raggi di essere “eterodiretta da Milano. Oppure da Livorno o da Genova. Sembra quando gli imperatori provenivano dalle province”. “La città è ridotta una vergogna – aveva proseguito – Il Comune dà direttive sbagliate e non sa usare la macchina. I consiglieri rispondono ai romani che li hanno votati ma non hanno responsabilità politica, quella ce l’hanno gli assessori che però rispondono alla sindaca”. Lo stesso ritornello che in cambio dell’anonimato ripetono alcuni dei consiglieri pentastellati.

 

“Dobbiamo essere noi a dettare la linea – rivendicano – C’è un programma che è stato votato e che noi siamo stati eletti per far rispettare. E invece…”. Invece, si azzarda qualcuno, ci sono assessori piovuti da fuori città e tecnici scelti dalla sindaca che pensano di poter agire in autonomia ma hanno dimostrato di non essere all’altezza della sfida. Identikit che sembrano perfettamente sovrapponibili, ad esempio, alle figure di Adriano Meloni e Linda Meleo. Il primo, chiamato dalla Casaleggio per occuparsi di Sviluppo Economico, da mesi è dato per dimissionario e ultimamente ha dovuto addirittura scusarsi col presidente della Commissione Commercio Andrea Coia per averlo accusato di connivenza con la famiglia Tredicine. I due, del resto, sono ai ferri corti da tempo e la quasi totalità dei consiglieri è schierata senza esitazioni con Coia. Non va meglio fra l’assessore ai Trasporti Linda Meleo e il presidente della Commissione Mobilità Enrico Stefàno. Dopo i blitz congiunti nei depositi dell’Atac immortalati su Facebook, assicurano gli spifferi, il rapporto fra i due si è presto deteriorato “fin quasi all’odio reciproco”.

 

Al punto che la scorsa settimana Stefàno, che le previsioni pre-elettorali davano come assessore ai Trasporti, ha caricato la Meleo a testa bassa. “In un anno e mezzo non abbiamo ancora avuto l’onore di avere l’assessore durante un’audizione in commissione con le società partecipate. Non siamo in grado di conoscere gli indirizzi politici sulle preferenziali, figuriamoci sulla linea C”. Questioni personali soltanto? Difficile. Anche perché Stefàno, al secondo giro in Campidoglio, guida quella fronda di consiglieri che starebbe studiando il modo di promuovere una forma di pressione, si parla di un documento, per chiedere una revisione della regola sui due mandati. Che, oltre alla sindaca, taglierebbe anche il capogruppo Paolo Ferrara e il presidente dell’Assemblea Marcello De Vito. “Con l’esperienza acquisita nell’amministrazione potremmo essere utili – dicono – anche per le prossime elezioni politiche considerando il meccanismo dei collegi uninominali”. Nel frattempo, fra invidie e tensioni, nel gruppo grillino in molti sono a caccia di maggior visibilità. E’ tornata a circolare l’idea di organizzare corsi di comunicazione per i consiglieri sul modello di quello stoppato in estate dalla direzione dell’ufficio dell’Assemblea Capitolina e che Ferrara avrebbe voluto pagare con soldi dei gruppi affidandolo alla “Web Side Story”, agenzia che segue il Movimento anche alla Camera.

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