Papa Francesco e i corvi a San Pietro
Mentre il Pontefice è in viaggio in Cile la curia s’interroga sui miasmi e i veleni: “E’ come con Benedetto”
L’ha vista lei la velina dell’Associated Press?”, domanda il vescovo curiale mentre s’accomoda davanti al computer cercando tra gli archivi ben disposti sul desktop. “Dico la velina, l’agenzia che rivelava quel che il Papa disse tre anni fa ai vescovi cileni sulla nomina di quel loro collega sospettato d’aver abusato di minori”. Eccome se l’ho vista, cara eccellenza, gli rispondo. Lui, l’ospite, tranquillo nel suo maglioncino nero che a dir la verità poco snellisce, dice che è il punto di non ritorno: “E non esagero. Il Santo Padre va in Cile in un viaggio difficilissimo, la gente là non crede più, ci sono manifestazioni d’ogni tipo, la questione del vescovo Barros è ancora una ferita aperta e guarda un po’ dopo tre anni spunta questa letterina firmata da Francesco. Non le dice niente tutto questo?”. Tentenno ma non rispondo. “Vatileaks, è la stessa identica cosa. I-den-ti-ca. Corvi che attaccano quando il Papa è più debole ed esposto. Non è cambiato niente. Gira di tutto, è un caos tremendo. Si può pure chiudere il Palazzo apostolico e trasferirsi nell’albergo di Santa Marta, ma non si risolve nulla. Siamo sempre lì. Si possono creare commissioni ad hoc, comitati specifici, tagliare teste e cacciare vescovi e cardinali, ma questo cancro continua a crescere qui”. Scusi eccellenza, ma cosa vogliono questi? “Destabilizzare, ricattare, cercare scatti di carriera, avanzamenti per sé o per chi sta loro vicino. E’ sempre stato così, solo che un tempo si riusciva a contenere il danno. Oggi è impossibile. Francesco è destinato a passare quel che ha passato Benedetto prima di lui”.
La Gran Sottana