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Sul concordato Atac Raggi è appesa al giudizio del tribunale

Massimo Solani

Ecco il piano (che non torna) per il salvataggio. Domani viene depositato. Amministrazione e trasporti a rischio

Roma. Che i numeri non tornino se ne sono accorti tutti, dalla Ragioneria generale fino al Segretariato del Campidoglio che hanno messo nero su bianco le perplessità sul piano di concordato per il salvataggio di Atac che domani sarà depositato al Tribunale civile nella speranza di evitare la procedura fallimentare dell’azienda gravata da 1,4 miliardi di debiti. Fra strumenti per il rientro del debito che estendono fino a 20 anni la finestra per il pagamento dei creditori anche attraverso misure legate alla partecipazione a introiti tutti da verificare, affidamento diretto del servizio in house bocciato dall’Antitrust, contenziosi con il Comune che rischiano di far saltare i conti del Campidoglio e un piano industriale che non prevede sostanziali misure di razionalizzazione della spesa (anzi annuncia nuove assunzioni) il dossier a cui martedì l’assemblea capitolina ha dato il via libera a tarda sera fra le proteste delle opposizioni lascia il futuro di Atac appeso a un filo.

 

A trovare una ricetta credibile che garantisse la sopravvivenza dell’azienda e la soddisfazione dei creditori non sono bastati né i 120 giorni di tempo trascorsi da quando il Tribunale ha ammesso Atac Spa al  concordato preventivo in continuità né la maratona corsa dalla giunta con l’acqua alla gola fino ad arrivare al voto di martedì su un documento che i consiglieri comunali non sono riusciti a vedere se non leggendo fra gli omissis di un piano consultabile soltanto all’ultimo momento e sotto rigida sorveglianza.

 

“Io l’ho potuto vedere solo un paio di ore – spiegava ieri Stefano Fassina – peraltro in maniera imbarazzante perché ero osservato a vista dalla polizia, forse pensavano che lo rubassi”. Del resto a contestare “la tempistica ristretta con cui si sono dovute studiare le carte” ci avevano pensato anche la Ragioneria e il Segretariato, ai quali però il tempo era bastato per scrivere pareri pieni di perplessità sulla sostenibilità del piano e sui rischi dell’operazione per le casse del Campidoglio il cui investimento “si aggira attorno a circa  1 miliardo di euro”. Al punto da caldeggiare la possibilità di “migliorarne i contenuti subito dopo il deposito della proposta concordataria”.

 

Scarsa fiducia da parte di ragioniere e vice segretario anche per quanto riguarda la parte relativa al personale del piano industriale che Atac si appresta a presentare al tribunale. Previsioni “insufficienti”, secondo i tecnici che devono essere rimasti sorpresi dall’assurdo caso di una azienda gravata dai debiti che chiede di poter accedere a una misura straordinaria di riduzione del debito e al tempo stesso presenta un piano industriale “che prevede l’assunzione di 623 autisti a partire dal 2019 a fronte di 207 uscite”.

 

Su questo e su molto altro da domani sarà chiamata a esprimersi la sezione fallimentare del tribunale cui spetterà di decidere se Atac può provare a salvarsi, anche nell’incertezza di un piano scritto di corsa e tirato su per buona parte dalle fondamenta fragili di scommesse aziendali senza rete, o se invece l’azzardo grillino di lasciare ai giudici l’ultima parola sul futuro del trasporto porterà a fondo la giunta Raggi e la mobilità della Capitale.

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