Tutti contro Bergamo
Oltre il cinema America. “Nella cultura uno non vale uno”. Parlano Veronesi, Luchetti e D’Aloja
Roma. E a un certo punto, nella piccola storia del Cinema America in guerra contro la giunta Raggi per la concessione di piazza San Cosimato, da tre anni teatro della rassegna cinematografica estiva animata dai ragazzi dell’America stesso, irrompe addirittura Martin Scorsese, marziano a Roma virtuale. Il suo nome, infatti, compare tra quelli dei quasi duecento registi, registe, attori, attrici, scrittori e scrittrici – tra cui Paolo Virzì, Paolo Sorrentino, Ferzan Ozpetek e Claudio Santamaria (quest’ultimo non più folgorato dalla sindaca Virginia Raggi) – che hanno firmato un appello per le dimissioni del vicesindaco e assessore alla Cultura Luca Bergamo e della (ora dimissionaria) vicepresidente a Cinque Stelle della commissione Cultura Gemma Guerrini.
L’appello, lanciato dai ragazzi dell’Associazione Piccolo Cinema America in reazione alle parole di Guerrini, che definiva “feticismo” la “reiterata proiezione di vecchi film” in piazza, si è trasformato in manifesto contro la (non) politica culturale della Giunta, tanto che Valerio Carocci, il venticinquenne leader dell’Associazione – promosso, in questa storia surreale, “assessore ombra” di fatto – ha detto che le dimissioni di Bergamo non sono state chieste “tanto per le parole della Guerrini”, quanto per la sua “manifesta incapacità di governare e relazionarsi con l’industria culturale”. E a Roma, cosa strana, pare che di cultura ultimamente si parli soltanto quando Bergamo o Raggi nominano i Fori gratis o i tram a Monti (mentre la città è in attesa altrove). Fatto sta che l’intervento dei cineasti ha fatto reagire il sindaco, che ieri prometteva un incontro per il 15 marzo. Incontro dopo il quale, dice al Foglio il regista Daniele Luchetti, “speriamo tanto di poter essere rassicurati. E però, finora, il rapporto tra l’amministrazione comunale e il mondo della cultura io non l’ho proprio visto. Zero”. Quali proposte farebbe Luchetti? “Non siamo noi a dover proporre, è la nuova amministrazione che doveva presentarsi con una proposta”.
L’attrice, scrittrice e regista Francesca D’Aloja è arrivata “a provare invidia per Milano, tanto a Roma la situazione è di degrado e tristezza. Non ti viene neanche più voglia di uscire, come se ci si auto-imponesse il coprifuoco. Ma se ai romani, che già hanno bisogno di essere pungolati, spegni la città allora ‘te saluto’, come si dice a Roma. Leggevo giorni fa un articolo sul Corriere: ‘I cinema chiusi di Roma desolata’. Ecco, già questo dice tutto”. Per lo scrittore Sandro Veronesi “non è una questione personale, ma di atteggiamento: di sicuro il caso del Piccolo America mostra un’inadeguatezza strutturale, perché chi è deputato a gestire la cultura in una città come Roma non può prendere abbagli sulla definizione stessa di cultura. Nella cultura uno non vale uno”.