Leu apre al M5s
“Abbiamo fatto bene ad allearci con Zingaretti. Adesso dobbiamo lavorare con Di Maio”. Parla Fassina
Roma. Se gli si chiede un mea culpa, subito protesta. “Io non avevo detto che ero contrario all’alleanza con Nicola Zingaretti”. Stefano Fassina ci tiene a precisare: “Avevo detto che non c’erano le condizioni programmatiche, all’epoca, per un’alleanza”. Il che, osserva l’economista romano, appena rieletto alla Camera con Liberi e Uguali, “è cosa ben diversa”.
Sarà, Fassina, ma molti la videro come una sua chiusura al Pd.
“Al contrario. Proprio inducendo Zingaretti a rinunciare all’accordo con Beatrice Lorenzin, e a prendere impegni seri su ambiente e sanità, ho contribuito a far maturare le condizioni perché si trovasse la quadra”.
Insomma, riconosce che allearsi con Zingaretti…
“Era la scelta giusta, sì”.
Quello del Lazio è un modello, per ricostruire un centrosinistra largo?
“Non c’è dubbio che bisogna superare l’attuale divisione. Ma ci andrei piano a parlare di modelli: le questioni da risolvere, sul piano nazionale, sono molto più complesse”.
Però diciamocelo: Leu non è andata affatto bene il 4 marzo.
“Non ho difficoltà ad ammettere l’insuccesso. Del resto, ci siamo presentati a queste elezioni non come una forza politica nuova, ma come un Pd pre-Renzi”.
Una riedizione della “Ditta”?
“Una riedizione dello stesso programma, più che altro. Senza alcun ripensamento su questi trent’anni di neoliberismo”.
Serve una rottamazione in Leu?
“Non ho paura a dirlo. A patto che però si intenda rottamazione come riforma di proposta e di idee, non come semplice ricambio generazionale”.
Che fare, coi Cinque stelle?
“Dobbiamo certamente dare disponibilità al dialogo. Su lavoro ed economia c’è piena sintonia. Conosco e stimo molto il professor Pasquale Tridico, indicato da Di Maio come ministro del Lavoro”.
Se è per questo, lei stima anche Alberto Bagnai.
“Non lo nascondo. Ma la sua scelta di schierarsi con la Lega lo pone sulla sponda opposta rispetto alla nostra”.
E invece i grillini da che parte stanno?
“Io dico che sulle questioni socio-economiche, e su quelle che riguardano l’eurozona, ci sono le condizioni per un’intesa. La svolta, però, in Parlamento può imprimerla solo il Pd. I nostri numeri sono quelli che sono”.