Roma, un pasticcio dannoso chiamato “piano rom”
Integrazione? L’unico effetto del programma annunciato a maggio è che i bambini dei campi non vanno più nemmeno a scuola
Roma. “Occorre investire seriamente sull’integrazione e puntare su un serio programma di scolarizzazione”, auspicava la Comunità di Sant’Egidio alla vigilia del “Romano’ Dives”, la giornata mondiale del popolo Rom che si celebra l’8 aprile. Del resto quello di “favorire i processi di scolarizzazione dei bambini rom, sinti e camminanti promuovendo l’accesso alle scuole di ogni ordine e grado” era un impegno preciso annunciato dalla sindaca Virginia Raggi in occasione della presentazione del “Piano Rom” nel maggio scorso.
Quel piano, però, fino a oggi è rimasto tutto sulla carta, soprattutto per quanto riguarda proprio l’iscrizione e la frequenza scolastica dei bambini. A certificarlo, infatti, è l’ultimo rapporto dell’“Associazione 21 luglio” secondo il quale fra i minori ospiti dei 17 campi rom della Capitale (sei formali e undici “tollerati”) le iscrizioni scolastiche all’anno in corso sono diminuite del 48 per cento rispetto al 2015, passando da 1990 a 1025, delle quali 84 alla scuola d’infanzia, 612 alla scuola primaria, 328 alla scuola secondaria di primo grado e solo una alla scuola secondaria di secondo grado.
Il dato peggiore è quello relativo al campo “La Barbuta”, uno dei due per il quali il “Piano Rom” prevede la chiusura entro il 31 dicembre 2020, all’interno del quale i bambini iscritti alle scuole dell’obbligo sono calati del 66 per cento a fronte di una diminuzione del 4 per cento soltanto dei residenti. Per quanto riguarda invece il secondo campo inserito nel progetto della giunta Raggi, la Monachina, il calo delle iscrizioni scolastiche è stato “solo” del 26 per cento a fronte però di un aumento del 15 per cento della popolazione residente. Origine del problema, nel 2015 e dopo l’esplosione degli scandali di Mafia Capitale, la decisione della giunta di Ignazio Marino di sospendere il servizio di scolarizzazione affidato da dieci anni a quattro cooperative con una consuetudine poi duramente stigmatizzata dall’Anticorruzione. Né il commissario Tronca né la giunta Raggi, però, hanno poi provveduto a riattivarlo e il risultato è che oggi esiste unicamente un servizio navetta.
Ma a un anno dalla sua presentazione è l’intero “piano Rom” della giunta Raggi ad essere praticamente fermo al palo. Se infatti per la chiusura dei due insediamenti coinvolti e l’accompagnamento delle famiglie Rom verso una sistemazione abitativa stabile sono stati stanziati 3,8 milioni di euro di fondi europei, a oggi la situazione procede come minimo con disastroso rilento. Il bando per la Monachina, infatti, è andato deserto mentre quello per La Barbuta è stato assegnato alla Croce Rossa che però è ancora alla fase “progettuale”. Nel frattempo si contano sulle dita delle mani le famiglie che sono riuscite a trovare un appartamento in affitto con le sole garanzie degli uffici del Municipio. L’unico campo “superato”, in compenso, è quello del Camping River di via Tiberina per cui la giunta aveva autorizzato l’anticipo, in via sperimentale, degli interventi previsti dal “Piano Rom”. Superato solo sulla carta, però, perché nonostante il comune ne abbia previsto la chiusura entro settembre 2017 oggi ci vivono ancora circa 420 persone a cui il Campidoglio, da quando l’ente gestore ha abbandonato l’insediamento, assicura unicamente il mantenimento della funzionalità degli impianti idrico e di depurazione delle acque reflue. Soltanto fino al prossimo 30 giugno, però, poi si vedrà.