Faida(te) grillina: perché il M5s in Lazio si fa male da solo
Da Nettuno a Civitavecchia, passando per Pomezia e Marino, ecco perché i grillini, più che a consolidare il loro potere sul territorio, dovrebbero pensare a non perdere quello che hanno già conquistato
Roma. Sarà pur vero, come dice Carla Ruocco in ossequio alla sempre enfatica retorica grillina, che “l’occasione è di quelle irripetibili per dare scacco agli altri partiti”: e forse è proprio perché annusa la possibilità del trionfo, nel Lazio che gravita attorno alla Roma di Virginia Raggi e in cui quasi un cittadino su due è governato da un’amministrazione pentastellata, che il Movimento ha deciso di investire tempo ed energie, nella campagna elettorale in vista delle amministrative del 10 giugno prossimo.
E però, ad essere realisti, verrebbe da dire che prima di pensare a consolidare la propria forza nel governo dei territori, il M5s farebbe bene a pensare intanto a non perdere quel che ha già conquistato. Com’è accaduto a Nettuno, ad esempio, dove la giunta grillina è stata appena sostituita dal commissario prefettizio Bruno Strati dopo che il sindaco Angelo Casto s’è visto costretto alle dimissioni da alcuni dei suoi stessi consiglieri, sfiduciato con un atto notarile in stile Marino. E’ stata recentemente azzerata, invece, la giunta a cinque stelle di Genzano. Qui il fu enfant prodige grillino dei Castelli, Daniele Lorenzon, dopo aver cambiato cinque assessori in due anni – ché verrebbe da dire “manco la Raggi”, non fosse che nell’Urbe proprio due giorni fa si è celebrato l’ottavo avvicendamento – alla fine ha rinnovato la sua squadra come estremo gesto.
“E’ la fase due”, ha annunciato lui: peccato che sembri iniziare all’insegna della medesima faida interna che ha caratterizzato la fase uno, coi consiglieri grillini che si accusano a vicenda – c’è chi allude alla senatrice Elena Fattori come a colei che trama nell’ombra, e chi insinua che il manovratore occulto sia invece il famigerato Emanuele Dessì, l’uomo di fiducia di Roberta Lombardi appena eletto a Palazzo Madama e famoso per la casa popolare a 7 euro e i discutibili balletti con Domenico Spada – e producono dossier sui loro colleghi sgraditi (l’ultima puntata è quella di una consigliera, in predicato di diventare vicesindaca, bloccata a causa di un debito di oltre 10.000 euro che, a quanto pare, suo marito avrebbe nei confronti del Comune).
Neppure a Civitavecchia, altro presidio grillino, pare esserci un bel clima. Il sindaco in carica, Antonio Cozzolino, è arrivato ormai alla scontro frontale con la deputata locale Marta Grande, e dunque coi vertici nazionali, dopo essersi visto negare la candidatura sull’uninominale di Cassino per il suo fido collaboratore Andrea Palmieri. Il quale, non avendola presa benissimo, ha sobriamente parlato di “una guerra per bande” combattuta con la solita trafila di segnalazioni ai grandi capi ed epurazioni via WhatsApp. Ad Anagni, dove il M5s tenta l’assalto al Municipio il 10 giugno, la scissione interna – con tanto di creazione di nuovo MeetUp – s’è verificata al momento della scelta del candidato sindaco, individuato nel veterinario Fernando Fioramonti. Sarà invece Fabiola Velli, già aspirante prima cittadina cinque anni fa, la portacolori grillina a Fiumicino: designazione annunciata da tempo, ma non per questo pacifica, se è vero che proprio sul suo nome s’è spaccata, lo scorso dicembre, la truppa grillina nel quarto comune più popoloso del Lazio, coi suoi 80.000 abitanti. Il 4 marzo scorso, in ogni caso, alle politiche per il M5s è stata un’apoteosi, con percentuali vicine al 40 per cento. E il 10 giugno potrà essere una sfida tutta interna alla coalizione del nuovo governo, coi pentastellati che sfideranno la Lega in salsa neofascista alleata con una lista nata dalla fusione di Fiamma Tricolore e Forza Nuova. E poi c’è Pomezia, dove Fabio Fucci, dopo aver rotto col Movimento, si ricandida con una sua civica: sperando di diventare il Pizzarotti pontino.