“Di Maio ci pensi bene: fare il ministro e il capo politico forse è troppo”. Parla Roberta Lombardi
Il governo e Raggi, il M5s e la Lega. La leader del M5s in Lazio: “Fui crocifissa sui migranti, anche da Fico. Ipocriti. Fucci? Fucci chi?”
Roma. Se le si chiede un parere sul doppio incarico di Luigi Di Maio, Roberta Lombardi si lascia prendere da un ricordo angoscioso: “Io sono stata capogruppo, e lo sono stata per tre mesi appena. Ed ero felice che quello fosse il mio unico impegno. Luigi si trova sul tavolo 162 vertenze nazionali: sono sicura che saprà decidere in tempi brevi e in modo responsabile, ma so che fare il ministro e il leader del M5s sarà molto faticoso”.
Ma a parlare del suo capo politico, in verità, la capogruppo del M5s nel consiglio regionale del Lazio, ci arriva in verità a metà di una conversazione che si concede, quasi come una pausa dopo “una giornata estenuante” passata alla Pisana tra sedute d’aula e riunioni coi suoi colleghi grillini.
“Non sono riuscita neppure a sentire l’intervento alla Camera di Giuseppe Conte”, confessa, con rammarico, la Lombardi, che però subito ci tiene a precisare di aver seguito, e con grande attenzione, il discorso che il nuovo presidente del Consiglio ha tenuto martedì al Senato.
E le è piaciuto?
“L’ho trovato molto convincente nei passaggi su mafia, corruzione e conflitto d’interesse, che sono i veri mali italici”.
Qualche appunto da muovere, invece?
“No, non mi viene in mente nulla di particolare”.
Non ha pronunciato neppure una volta la parola “Roma”, nei suoi interventi.
“Non ha pronunciato tante parole: impossibile dire tutto in un’ora e poco più. Non si stabilisce certo al termine di un discorso, l’impegno che un premier mette sui vari argomenti”.
A proposito di Roma, Virginia Raggi reclama poteri speciali. Che ne pensa?
“Premesso che senza maggiori soldi, i maggiori poteri servono a poco, penso che sia opportuno rafforzare le competenze della Capitale. Sicuramente su mobilità e servizi sociali”.
E la sanità?
“Qui occorre più cautela. E’ giusto ripensare la ripartizione di responsabilità tra regione e comune, ma non mi convince l’idea di dare piena autonomia a Roma su questo settore”.
Come mai il 2 giugno non era in piazza, alla Bocca della Verità, insieme allo stato maggiore del M5s?
“Avevo un impegno con la mia famiglia. Ho due bimbi piccoli, che in questi anni ho sacrificato troppo spesso”.
Non sarà che ha condiviso poco l’attacco al presidente Mattarella? Di Maio ha chiesto l’impeachment, lei si è limitata a citare Cicerone per chiedere al capo dello stato di non abusare della vostra pazienza.
“Che volete? A una certa età si diventa più maturi, e si riscoprono i classici. Dopodiché, quella del 2 giugno era diventata una festa, ormai, visto l’esito positivo della trattativa per il governo. Per questo non ho ritenuto indispensabile andarci”.
E invece ha sentito il dovere di manifestare, davanti a Montecitorio, insieme ai lavoratori di Telecom in esubero.
“Ci tenevo a stargli vicino nel momento in cui, dopo uno stallo di oltre tre mesi, finalmente si parte col governo e, spero rapidamente, anche con le commissioni parlamentari. Anche perché ora, al Lavoro e allo Sviluppo economico, sanno di avere un ministro amico, che lavora per loro senza sosta”.
E che però deve pensare anche a essere il capo politico del M5s. Compatibili, tra loro, questi due ruoli?
“Sì, lo sono. A Luigi mi permetto però di dare un consiglio: dosare bene le forze. Deve mantenere la giusta lucidità, sempre, per non rischiare di commettere errori nei confronti del paese, come ministro, o del Movimento, come capo politico”.
Alcuni suoi colleghi in Parlamento chiedono anche la creazione di un organo di guida condiviso, per evitare derive leaderistiche.
“Il problema non è il verticismo, ma la comunicazione tra i vari livelli. Per questo sono molto d’accordo nella creazione di una sorta di direttivo che sia una catena di trasmissione tra i portavoce regionali, quelli parlamentari e quelli europei”.
A febbraio lei fu criticata, anche dai suoi colleghi, per una frase sui migranti.
“Parlavo di accoglienza. Dissi che per i borghi laziali era preferibile accogliere più turismo, che rilancia l’economia locale, e meno migranti, che invece pesano sull’economia locale. Fui crocifissa dai soliti benpensanti”.
Anche benpensanti a cinque stelle, però.
“Sì, anche Roberto Fico mi criticò, limitandosi a leggere una frase da un giornale e non tutto il ragionamento”.
Ora siete al governo con Salvini, e quella è la linea ufficiale.
“Dopo tanti anni di buonismo ipocrita, si passerà forse al pragmatismo. E si capirà che gestire in modo più efficiente le richieste di asilo e gli eventuali rimpatri, è un bene anche per la sicurezza sociale delle città italiane”.
Il 10 giugno si vota. Anche a Pomezia, dove l’ex sindaco grillino, Fabio Fucci, si candida contro il M5s.
“Fucci chi?”.
E con la Raggi, i rapporti sono sempre tesi?
“Al contrario. Ci vediamo spesso e ci confrontiamo”.
Anche su Atac?
“Io non conosco le carte, nello specifico”.
Allora tutta questa collaborazione non c’è’?
“Non spetta a me decidere, su Atac. La procedura del concordato è stata usata con successo a Livorno da Gianni Lemmetti, che ora è assessore al Bilancio in Campidoglio. Sono sicura che chi deve decidere, su Atac, lo faccia nell’interesse dei romani”.