Cei ribaltata
I vescovi italiani cambiano faccia, il processo è in corso ma i risultati si vedranno tra cinque, dieci anni
Il piccolo ventilatore giallastro primi anni Novanta appoggiato sul tavolino di rovere è forse l’oggetto più moderno che si vede nello studiolo del vescovo. Domenica pomeriggio, caldo asfissiante, Roma deserta. Serrande sbarrate e tende tirate. Penombra pressoché totale. Il monsignore è in camicia e beve il caffè con tre pastiglie di dolcificante. Esperto com’è di vescovi – cioè di nomine di vescovi – gli chiedo un commento sullo stato dell’episcopato italiano, dopo il colloquio a porte chiuse con il Papa dello scorso maggio. “Episcopato en marche!”, dice ridendo. “Papa Francesco ha cambiato tutto, più di quanto si veda ora. La Cei è andata incontro a un repulisti progressivo, i cui risultati si vedranno tra cinque, dieci anni, quando tutti questi vescovi giovani, presi dalle parrocchie, si saranno fatti le spalle larghe e avranno assunto uno status. Oggi a noi sembra che i ritmi e il pensiero siano sempre quelli da Ruini in poi. Il che è parzialmente vero. Però è in atto da cinque anni una semina che darà frutto tra un po’. E allora avremo una Cei completamente diversa, molto più simile allo stile spagnolo”. In che senso? “In Spagna i vescovi già da anni fronteggiano la secolarizzazione, Zapatero ha inciso parecchio sulla società. E hanno capito che andavano cambiati linguaggi e approcci. In Italia ancora no. Più ‘parola’ e meno ‘proteste’, questo sarà l’orientamento che seppellirà trent’anni almeno di politica ecclesiale”. Domando qualche nome per il domani, per il futuro da appuntare. L’interlocutore risponde sicuro, dopo un secondo: “Castellucci di Modena e Cantoni di Como”. Chi vivrà, vedrà.