Ci sono ricadute sugli equilibri interni del Movimento in Campidoglio
Anche i parlamentari romani osservano con ansia l’evolversi dei malumori, pronti a utilizzare le difficoltà della Raggi come argomento per rafforzare le loro istanze sul tavolo nazionale
Roma. Alla fine, pare si sia concessa perfino un sorriso. E’ successo martedì, più o meno a ora di pranzo. Quando, cioè, il tanto preteso atto formale dalla “sua” maggioranza è arrivato: un post su Facebook, sul gruppo del M5s di Roma, in cui il gruppo dei grillini dell’aula Giulio Cesare smentiva i retroscena di giornata e si dichiarava unito e coeso a sostegno della giunta. Lì, Virginia Raggi ha capito che il rischio della sua capitolazione, proprio nel giorno in cui si celebrava l’anno secondo dell’era grillina in Campidoglio, era scongiurato, e pertanto il vertice previsto nel tardo pomeriggio sarebbe diventato una formalità, o poco più.
Quel che invece s’è sforzata d’ignorare, la sindaca, è stata la fatica con cui si era giunti alla stesura di quelle poche stringate righe. Tra le altre cose, a essere contestato è stato – ed è, ancora – il ruolo di Pietro Calabrese, il più vicino dei grillini romani a Paolo Ferrara, e quello che per ciò pare adesso rivendicare il diritto a una sorta di successione naturale al ruolo di capogruppo. E’ lui che si è intestato la battaglia per puntellare la pericolante maggioranza, e intorno a lui si è coagulata la truppa dei fedelissimi, con in testa Daniele Diaco.
Ci sono poi gli scettici, quelli che del resto – seppure da posizioni diverse – invocano da tempo un maggiore peso del consiglio e un rispetto effettivo del programma: gente come Gemma Guerini, la più tentata da un addio in queste ore, o come Sara Seccia, figura sempre più carismatica a Palazzo senatorio. Anche i parlamentari romani, ovviamente, osservano con ansia l’evolversi dei malumori, pronti – quasi tutti, specie quelli di maggior peso – a utilizzare le difficoltà della Raggi come argomento per rafforzare le loro istanze sul tavolo nazionale: Paola Taverna, Carla Ruocco o Stefano Vignaroli, per non parlare di Roberta Lombardi, spingono per la creazione di un comitato di coordinamento collegiale, che fermi la deriva verticistica di un Movimento sempre più impelagato nelle beghe del Palazzo, sempre meno in grado di ascoltare i territori.