Papa Francesco e la “cosetta cilena”
Il vescovo affamato (risotto e coda nonostante i 28 gradi) profetizza l’epurazione dei vescovi locali
"Eccellenza, casa sua è come un igloo”, dico al vescovo che mi accoglie in un salottino con il condizionatore a palla. Lui ridacchia e mostra un ritaglio del Corriere della Sera-Salute sui rischi d’infarto dovuti al caldo estivo. Usciamo poco dopo per il pranzo, osteria a due passi da San Pietro, menù poco light date le temperature: fettuccine ai funghi, coda, puntarelle. Io mi fermo a metà, il vescovo evidentemente di buon umore chiede anche un secondo contorno di patate arrosto. Gli domando come vanno le cose da quelle parti. “Tutto bene, c’è la cosetta cilena, ma per il resto il peggio è passato. Sono stati mesi turbolenti, fortunatamente finiti e poi l’estate anche se il Papa non va in ferie, calma sempre le acque”.
La “cosetta cilena” l’augusto interlocutore la spiega così: “Il Santo Padre ha accettato tre-quattro dimissioni di vescovi francamente indifendibili, adesso a scaglioni farà lo stesso con altri, tra cui il cardinale di Santiago, Ezzati, che chiaramente non può restare in sella, altrimenti l’operazione-pulizia salta. Intanto non nomina i successori, perché da bravo gesuita vuol creare un po’ di pathos, lasciare decantare le situazioni”. Qualcuno direbbe caos, eccellenza, ribatto: “Sì, anche anche. Ma dal caos può nascere anche il bene eh. E poi meglio andarci con i piedi di piombo. Prima di nominare un vescovo in posti dove la gente i vescovi li impiccherebbe, è meglio pensarci su. Anche un’intera estate”. E’ tempo di sorbetto, e di saluti.