Preti al comando
Un vescovo a occuparsi di economia. L’occasione mancata di mettere un laico competente all’Apsa
“Lo sai lei che il cardinale Calcagno andava sempre a pranzo a Santa Marta dal Papa?”, mi dice il suo collega di Collegio, il cardinale filiforme che mi scruta mentre controlla le piegature del rocchetto pronto – suppongo – per il concistoro di oggi. “No, non lo sapevo”, rispondo. Poi mi spiega la vicenda: il cardinal Calcagno era il presidente dell’Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica (Apsa, per farla breve), cioè il responsabile della gestione dei beni immobili della chiesa. Roba pesante, dico. “Sì, diciamo di sì”, ribatte il porporato che mi ospita, elencando tutto il caos che il settore ha provocato nel corso degli ultimi anni, con scontri anche tra cardinali. E il Papa Francesco, appena ha potuto, ha sfrattato Calcagno, mandandolo in pensione nonostante l’amicizia che lo lega al cardinale portato in curia da Tarcisio Bertone. Al suo posto, il vescovo Galantino, segretario generale della Cei. “Sorprendente”, dice il cardinale: “Monsignor Galantino è un manager capace, intelligente, ma che di patrimonio apostolico non è che sappia molto. Sarebbe stata un’ottima occasione per aprire ai laici, competenti ed esperti. Visto che si parla tanto di mettere laici ai posti di comando, perché non sistemarli negli uffici tecnici?”. Invece, ribatto, si mettono sempre preti. Anche quando non si intendono di immobili e di soldi. “E’ un vecchio problema, che credo nessuna riforma, neanche la più progressista o spinta, riuscirà a risolvere. Il clericalismo domina, sempre. Anche quando sembra perire”.