Raggi inciampa (due volte) sull'area pedonale
Il sindaco si appropria della pedonalizzazione di via del Corso voluta dalla prefettura, poi casca in una buca. E non fa più ridere
Roma. Il karma è una brutta bestia. Virginia Raggi lo ha scoperto da sé sabato scorso passeggiando felice, attorniata da giornalisti e dalla solita claque festante, durante l’inaugurazione del nuovo tratto di area pedonalizzata di via del Corso. Un piede in fallo in una buca, proprio come era successo a Beppe Grillo nel novembre 2016 quando cadde a via Ostiense durante una manifestazione per il “No” al referendum costituzionale, e mesi di ostinata negazione del problema delle voragini nell’asfalto andati in fumo assieme agli sforzi della propaganda grillina. La stessa che sulla chiusura al traffico veicolare di un nuovo tratto di via del Corso ha spinto la sindaca Raggi e l’assessore alla Mobilità Linda Meleo a rivendicare il successo di una scelta che il Campidoglio, in realtà, si è limitato a protocollare e a eseguire. Anche con un certo ritardo, peraltro. “Disegniamo e realizziamo una città a misura di cittadino: questo vuol dire lasciare più spazio ai pedoni, chiudendo le strade al traffico, modificando la viabilità della città e garantendo maggiore sicurezza – gonfiava il petto la prima cittadina via Facebook – un altro tassello a favore di una mobilità sostenibile e rispettosa dell’ambiente”. “Ci riappropriamo degli spazi sotto casa: questo vuol dire meno smog, minor traffico e più aree per i pedoni – faceva eco Linda Meleo – Proseguiamo su questa strada per cambiare Roma passo dopo passo”. La realtà, però, è ben diversa e basta andare a ricercare negli archivi del Campidoglio per scoprire che la decisione di estendere l’area pedonale di via del Corso è vecchia di oltre un anno ed è stata avanzata dal Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica della prefettura di Roma addirittura nell’aprile 2017 per rassicurare le misure antiterrorismo dopo l’attentato di Stoccolma quando un camion era stato lanciato sulla folla in una delle vie dello shopping del centro città uccidendo cinque persone. E’ la stessa sindaca Raggi, un mese più tardi, a trasmettere i verbali delle riunioni “nel corso delle quali, tra l’altro, è stata richiesta l’istituzione di un’area pedonale in via del Corso, da largo Carlo Goldoni a via della Mercede e l’interruzione al transito veicolare di via Tomacelli, da largo degli Schiavoni a largo Goldoni, quali interventi necessari per elevare gli standard di sicurezza nell’area centrale della città di Roma”. Passano cinque mesi, è il 24 ottobre 2017, e l’assessore Meleo chiede con nota protocollata “al Dipartimento Mobilità e Trasporti di porre in essere le attività di competenza per soddisfare le superiori richieste della prefettura di Roma”. Soddisfare le superiori richieste della prefettura, quindi. Altro che “la grande conquista” sbandierata da Linda Meleo. Anche perché per completare l’iter il Campidoglio ci ha messo più di otto mesi: sei per arrivare alla delibera di giunta (è stata approvata il 24 aprile scorso) e quasi tre per inaugurare la nuova zona pedonale.
“Allontaniamo le auto nell’interesse dei pedoni. Secondo noi questa iniziativa favorisce i commercianti. E’ molto più bello fare shopping senza macchine che ti sfrecciano dietro e accanto”, ha poi commentato la sindaca Raggi. Parole che hanno fatto storcere il naso a molti dei commercianti della zona considerando che, come denunciato dal mensile Quattroruote nel maggio scorso, i sei varchi elettronici che presidiano gli accessi all’area dell’isola ambientale A1 del tridente, sono spenti ormai dalla metà di gennaio e che da allora non esiste più alcun controllo sugli accessi alle vie più note dello shopping della città col risultato che qualsiasi auto o mezzo ha potuto entrare tranquillamente senza alcun controllo. Una decisione, secondo alcune indiscrezioni rimbalzate in rete, presa per la necessità di porre rimedio a una situazione simile a quella dei varchi sulla corsia preferenziale di via di Portonaccio dove sono state elevate circa 250 mila multe che giudice di Pace e prefettura stanno sistematicamente annullando. Un danno per il comune di Roma stimato in circa 5 milioni di euro.