L'estate romana consegna alla sinistra in crisi un possibile leader, Valerio Carocci
Il 26enne parla di cose di immediata presa e comprensione: proiezioni gratis, “esportare il progetto” da piazza San Cosimato in altre zone, “mescolare” le anime della città
Roma. Woody Allen la domenica a Trastevere, Matteo Garrone al Parco della Cervelletta il lunedì, Quentin Tarantino al porto di Ostia dopo il mare, i film cult nel cortile del liceo Kennedy: piazze e retrospettive, film della stagione finita da rivedere, polemiche sulle occupazioni (di edifici abbandonati e suolo pubblico), rapporti burrascosi con il sindaco Virginia Raggi e serate di afa con i ventagli sotto il grande schermo, tra nonni che ricordano “quando c’erano Petroselli e Nicolini” e nipoti che scoprono il cinema del secolo scorso (nel senso di anni Settanta, Ottanta, Novanta) tra birre comprate al baracchino silenzioso, coperte stese per terra e la speranza di non dover mai vedere i topi di cui si parla in giorni di spazzatura ridondante. Ma non di sole arene si parla: il caso del Piccolo Cinema America, l’associazione di ragazzi di periferia che vogliono “riaprire le sale” e “riabituare le persone a stare davanti al grande schermo”, come da definizione del giovane presidente dell’associazione Valerio Carocci, originario di Colli Aniene-Tor Sapienza, mostra in miniatura che cosa può succedere (zitti zitti) a sinistra mentre, altrove, sempre a sinistra, ci si interroga a gran voce sul come e il quando e il perché del congresso pd.
L’estate romana, infatti, ha illuminato un piccolo, possibile leader (suo malgrado?): Carocci, appunto, uno che a 26 anni, con la maglietta a maniche corte e la lentezza strascicata di un romanesco senza eccessi, dice alle tv locali che da grande vuole fare quello che ha cercato di fare ufficiosamente in questi anni, “l’esercente”, assieme agli altri e con successo, con la Sala Troisi (i ragazzi del Cinema America hanno vinto il bando per la riapertura) e in generale “come operatore culturale nella città”. E mentre l’estate raggiunge il suo apice, sembra nascere un modello nuovo di comunicazione e azione pre-politica: Carocci – senza discorsi sulla crisi di identità della sinistra, criticando Raggi per i non-contatti e le lungaggini, e non perché il Piccolo Cinema America avesse dato indicazioni di voto nel 2016 – parla di cose di immediata presa e comprensione: proiezioni gratis, “esportare il progetto” da piazza San Cosimato in altre zone, “mescolare” le anime della città (“al parco della Cervelletta, per Garrone, c’erano anche studenti di Giurisprudenza, come me, ma di Roma nord”), non lasciare che gli unici spazi di incontro pubblici “siano le parrocchie”, realismo (“non sempre c’è il pienone, ma vedere quaranta persone con la pioggia che restano comunque sotto un gazebo davanti allo schermo lo considero un successo… non è magari la risposta sperata, però è una risposta”). E mentre il film nazionale della sinistra sembra congelato al titolo di coda del passato, a Roma c’è un piccolo film ai titoli di testa.