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Le manovre diversive di Raggi

Marianna Rizzini

Parlare d’altro mentre Roma galleggia. Cos'è davvero il Global Forum on Modern Direct Democracy

Roma. Il nome è altisonante: “Global Forum on Modern Direct Democracy 2018”. La presentazione (prima su Facebook, sulla pagina di Virginia Raggi, poi in Campidoglio, officiante Virginia Raggi) è da grande occasione imperdibile. La sostanza è sospesa tra il brainstorming di non proprio evidente urgenza e il caravanserraglio di parole sulla partecipazione dal basso, croce e delizia dei Cinque stelle – che hanno voluto anche un ministro dedicato nel governo gialloverde, vedi Riccardo Fraccaro. Fatto sta che mercoledì, in Campidoglio, si è aperta ufficialmente la tre giorni dedicata al suddetto Forum, alla presenza di quattrocento delegati da tutto il mondo, come aveva detto Raggi in un altisonante video preliminare diramato via social network: “…esperti, ricercatori, attivisti, amministratori locali”, tutti riuniti a Roma per “workshop e dibattiti” e infine per la redazione di una “Magna Charta” per le città democratiche nel mondo.

 

 

Che onore, aveva detto Raggi, essere stati scelti come città ospitante: segno che Roma è all’avanguardia in quanto a “partecipazione attiva” (mentre, pensa il romano ignoto ascoltando il sindaco via Facebook, non siamo all’avanguardia in quasi null’altro, a partire dalle sempiterne questioni traffico, spazzatura, cosiddetto degrado, più topi, cinghiali e gabbiani che dir si voglia). E si capisce che c’è bisogno di grandeur, tanto più che il sindaco, qualche giorno fa, ha incontrato il premier ed è uscita da Palazzo Chigi con aria soddisfatta, annunciando la prossima probabile costituzione di un comitato di saggi costituzionalisti, comitato propedeutico al percorso di riconoscimento dei poteri speciali per Roma capitale (“Roma deve avere uno status come tutte le altre capitali … Non sono venuta con la lista della spesa”, ha detto il sindaco, “abbiamo parlato però di sviluppo e della possibilità di istituire una cabina di regia permanente, una sorta di ‘Fabbrica Roma’ direttamente con il governo e all’interno della quale concertare progetti di sviluppo tra noi, l’esecutivo e i players su Roma”).

 

Players, cabina di regia? Il romano che ascolta di nuovo trasecola, ma può sempre consolarsi con il Global Forum, sul cui sito campeggia una sorta di lettera aperta dei copresidenti Joe Mathews e Bruno Kaufmann (che si firmano “democraticamente vostri”) in cui si illustrano le finalità: “Produrremo una vera e propria nuova visione rispetto a ciò che la democrazia deve significare nella città”, scrivono i copresidenti, forti dell’esperienza accumulata negli eventi precedenti in “Svizzera, Corea, California, Uruguay, Tunisia e Paesi Baschi” . Parole d’ordine “condivisione” e “confronto” (tra partecipanti provenienti dai paesi nordici come da quelli asiatici). Roma che c’entra? Chissà. L’importante è partecipare.

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.