Modello Milano vs modello Roma. “Qui abbiamo un piano”
Parla Pierfrancesco Maran, assessore all’urbanistica di Beppe Sala. “Ora ristrutturiamo 3.000 alloggi”
Roma. “Purtroppo per quanto si faccia la domanda è nettamente superiore alle azioni che si riescono a mettere in campo, però è una sfida che dobbiamo combattere col massimo impegno e sforzo per disegnare lo sviluppo e la crescita sociale delle nostre città”. Se tocca alle politiche sociali prendersi cura delle emergenze di vita del presente, sono gli architetti e gli urbanisti provare a immaginare le ricette con cui le città del futuro potranno combattere queste ferite. Lo sa bene l’assessore all’Urbanistica di Milano Pierfrancesco Maran che la sfida dell’emergenza abitativa sta combattendo assieme alla giunta guidata da Giuseppe Sala. “Esistono tre categorie di criticità che impattano principalmente sull’emergenza abitativa: c’è quella del disagio economico inteso come reddito familiare più basso rispetto al costo della vita, c’è quella dell’indigenza pura e infine quella dell’improvviso impoverimento dovuto ad esempio alla perdita del lavoro o alle separazioni familiare. E’ su queste tre fasce che vanno tarati gli interventi”.
A Milano come a Roma e in gran parte d’Italia quando si parla di case popolari si parla di liste d’attesa infinite, offerta che non basta mai e condizioni di accesso che generano conflitti sociali. Da dove si inizia a mettere ordine?
“L’offerta di case popolari in Italia non è affatto bassa: Milano ad esempio ha settantamila alloggi mentre Madrid ne ha soltanto ottomila. Eppure le liste di attesa restano ovunque molto lunghe. C’è infatti un problema di sola entrata dovuta al fatto che la perdita dei requisiti non fa comunque decadere dalla permanenza e poi ci sono criticità legata alle occupazione agli immobili che non utilizzabili perché da ristrutturare. Il sindaco Sala si è impegnato a ristrutturare tremila alloggi sfitti e già disponibili al termine dei lavori, è un impegno da 100 milioni di euro e la scorsa settimana abbiamo raggiunto i 500 alloggi riconsegnati a famiglie aventi titolo. L’altro elemento è la riduzione delle occupazioni abusive: nel 2014 c’erano 1.400 alloggi occupati abusivamente, proprio martedì abbiamo annunciato che questo dato è sceso a mille”.
Una soluzione, su cui insistono molto anche le associazioni di categoria dei costruttori, è quella dell’housing sociale. E’ una strada percorribile?
“E’ una risorsa che andrebbe sfruttata ancora di più lavorando con operatori multipli che riescano a creare una offerta che si collochi sotto i prezzi di mercato sia in vendita che in affitto riuscendo nel contempo a svolgere anche una funzione di calmieramento del mercato. In questo modo si può evitare che una fascia ampia di cittadini che non riesce ad accedere alle condizioni attuali del mercato immobiliare debba per forza di cose rivolgersi al circuito di assistenza pensato per le persone che si trovano in condizioni di disagio sociale più profondo. Nell’ambito dell’housing sociale negli ultimi decennio si sono fatti passi avanti rispetto al modello più cooperativo in senso stretto tipico degli anni Settanta Ottanta ma tutte le amministrazioni oggi devono confrontarsi con questa sfida provando, anche al momento di mettere anno ai nuovi piani di governo del territorio, ad incrementare questi risultati. In particolare sul tema dell’affitto che per città come Roma o Milano rappresenta il banco di prova più complesso in tempi di crisi economica e incremento sostanziale degli arrivi da fuori città per motivi di lavoro o studio”.
La storia recente di collaborazione pubblico privata sul tema dell’urbanistica è una storia di speculazioni e incompiute. Come evitare che si ripeta?
“A Milano come a Roma, soprattutto negli anni, Novanta ci sono stati operatori che vuoi per le difficoltà della crisi economica vuoi per comportamenti tutt’altro che irreprensibili hanno creato situazioni di abbandono, soprattutto dal punto di vista del completamento delle opere di urbanizzazione. In molte periferie alcuni di questi interventi sono ancora ferite aperte. A Milano ci stiamo lavorando e col tempo stiamo sanando queste situazioni in quartieri come Santa Giulia, Melezzate o Rogoredo dove nei prossimi anni saranno consegnate centinaia di case cedute ad affitto convenzionato. L’importante è imparare dalle criticità e dagli errori fatti nel recente passato nel rapporto con i privati. Il che non significa che non se ne possano fare degli altri, ma che sul piano del controllo dell’equilibrio della realizzazione della parte pubblica rispetto a quella privata oggi abbiamo molta più esperienza”.