I futuri paralleli di Raggi e Zingaretti
Il 2019 ridisegnerà la sorte politica della sindaca alle prese con Ama e Atac e del presidente della Regione Lazio temporeggiatore
Roma. 2019, l’anno di “Blade Runner” e l’anno in cui si definirà il destino politico parallelo di Virginia Raggi, sindaco di Roma, e di Nicola Zingaretti, presidente della Regione Lazio e candidato alla segreteria del Pd. Né Raggi né Zingaretti, infatti, possono ignorare l’impatto di ogni loro atto locale sul quadro generale (con le elezioni Europee all’orizzonte, viste da un partito di governo sovranista, quello del sindaco, e da un partito d’opposizione non sovranista, quello del governatore). E nessuno dei due attori della realtà romana e laziale, per lo stesso motivo, può dormire sulla certezza che quello che accade nei Palazzi non condizionerà presto la loro sorte.
Intanto, Raggi, nel pieno della crisi Ama (spazzatura strabordante, cinghiali attorno ai cassonetti, ma anche un’indagine della Corte dei Conti per danno ambientale), si aggrappa alla certezza (fasulla) di aver risolto il problema Atac: “Atac rinasce”, ha detto mercoledì il sindaco, che già si era mostrata baldanzosa di fronte al fallimento del referendum sulla messa a gara del servizio di trasporto pubblico locale. “C’è stato il sì dei creditori al piano di Roma Capitale per il salvataggio della più grande azienda europea pubblica di trasporti. Atac resta dei cittadini. Salviamo 11 mila posti di lavoro”, ha scritto su Facebook Raggi, lodandosi: “Abbiamo trovato un’azienda falcidiata dai debiti, che altri prima di noi hanno contribuito a spolpare… abbiamo intrapreso l’unica via possibile per rimediare ad anni di mancati investimenti, danni sotto gli occhi di tutti, con una flotta di bus con un’età media di oltre 12 anni…”.
Le cose sono un po’ meno semplici, come tutti in Campidoglio sanno, ma forse l’importante è crederci, specie quando il M5s, partito del sindaco, si trova su molti altri piani a dover affrontare la realtà così a lungo nascosta sotto il fumo del blog di Beppe Grillo, prima, e del Blog delle Stelle (Tav, Tap e banche sono soltanto alcuni dei punti in elenco). Potrà Raggi, di fronte a una Roma che scoppia sotto il peso dei molti problemi irrisolti, contare come in passato sulla difesa corporativa di un movimento ora assalito dalla base?
E potrà, dall’altro lato, il governatore Zingaretti, evitare che la pressione pre-congresso cambi in modo percepibile il suo tradizionale profilo di “riserva della Repubblica” del Partito democratico, imprendibile e sempre un po’ fuori dalla mischia? Intanto, Zingaretti non è stato tra i primi governatori ad agire contro il Decreto sicurezza, a differenza, per esempio, del governatore della Toscana (ed esule pd) Enrico Rossi. “Stiamo valutando il ricorso alla Consulta – che deve però essere solido e motivato”, ha detto Zingaretti. E nel lessico temporeggiatore sta anche la sostanza.