Mistero sui 600 nuovi bus. Il piano di Atac è affittarli (a caro prezzo)
A Napoli hanno rescisso il contratto con l’azienda da cui Raggi vorrebbe acquistare i mezzi. Allarme in Campidoglio
Roma. “I nuovi autobus stanno arrivando”, ha ripetuto martedì la sindaca Virginia Raggi parlando in assemblea capitolina durante il dibattito sull’emergenza rifiuti. “Risolleveremo Ama come abbiamo fatto con Atac”, ha aggiunto facendo correre un brivido freddo lungo la schiena di chiunque la stesse ascoltando in aula Giulio Cesare. Perché i risultati di questa cura sull’azienda capitolina del trasporto pubblico, a una settimana dall’approvazione definitiva del concordato da parte dei creditori, i romani non riescono proprio a vederli. E sarebbe strano il contrario visto che anche i numeri certificano una situazione drammatica di cui il calo di produzione (5 milioni di chilometri persi nel 2017 rispetto all’anno precedente) è solo la punta dell’iceberg. Ogni giorno, infatti, vanno in strada fra i 950 e i mille autobus degli oltre 1300 a disposizione e massimo 50 tram dei 72 a disposizione. La causa è sempre la stessa: mezzi troppo vecchi e scarsa manutenzione. Non è un caso, infatti, se nel 2017 il parco a disposizione di Atac si è ridotto di 200 unità rispetto all’anno precedente.
Dall’inizio dell’anno, poi, sono già due i mezzi andati in fiamme. “Ma i miglioramenti si cominceranno a vedere già entro luglio quando arriveranno i nuovi autobus”, dice l’assessore alla Mobilità Linda Meleo. Quello che invece non dice è che in Campidoglio e ai piani alti di Atac ci sono molte meno certezze di quelle ostentate in pubblico. Lo scorso anno, infatti, il Comune ha stanziato 167 milioni (38 per il 2018, 30 per il 2019 e 99 per il 2020) per l’acquisto di 600 nuovi autobus, ma fra gare andate deserte e ritardi a oggi l’unico bando appaltato è per la fornitura, attraverso procedura Consip, di 227 mezzi. Ad aggiudicarsi la commessa l’Industria Italiana Autobus (Iia), l’azienda creata da Finmeccanica nel 2015 che ha rilevato gli stabilimenti bolognesi della ex Breda Menarinibus e quelli ex Irisbus di Valle dell’Ufita a Flumeri, in provincia di Avellino.
L’azienda, però, da mesi è sul baratro della bancarotta e a dicembre è stata salvata soltanto da un aumento di capitale sottoscritto dal gruppo turco Karsan che ora è azionista di maggioranza con il 70 per cento delle azioni. Un cambio di proprietà che non ha risolto la situazione, però, visto che a oggi non è ancora stato presentato un piano industriale e gli impianti sono fermi. Per mancanza di materiali quelli bolognesi dove sono impiegate circa 150 persone e perché non sono ancora stati compiuti i necessari lavori di ristrutturazione quelli di Fiumeri, per i quali nell’incontro dello scorso 10 gennaio al ministero del Lavoro è stata prospettata la cassintegrazione per un periodo di tre mesi contro i 12 chiesti dai sindacati. E gli autobus che dovrebbero essere costruiti per Atac? Secondo alcune fonti di Iia la produzione delle scocche sarebbe già partita negli stabilimenti turchi di Karsan, ma è una versione non confermata da altre fonti. Di certo, in ogni caso, i mezzi dovrebbero passare per gli stabilimenti italiani per gli ultimi lavori di allestimento. Di qui le preoccupazioni sui tempi della fornitura, soprattutto considerando che a dicembre la Regione Campania ha disdetto a Industria Italiana Autobus un ordinativo per 47 autobus (l’acquisto risaliva a fine 2016 per un modello che però, nei fatti, non esisteva e non poteva essere realizzato) e che, secondo i calcoli dei sindacati, l’azienda rischia di perdere commesse per altri 400 mezzi fra appalti per i quali non è stata depositata fidejussione o lavorazioni ferme per mancanza di materiali.
Sullo sfondo, dopo il fallimento del tavolo ministeriale del 10 gennaio, restano gli stipendi a rischio dei lavoratori e la promessa fatta dal ministro del Lavoro Luigi Di Maio di “nazionalizzare” Iia con l’ingresso di Invitalia a rilevare le quote di Karsan. Si spiega anche con queste incertezze, allora, la missione affidata da Atac ad alcuni esperti di reperire sul mercato internazionale autobus da prendere a noleggio e portare sulle strade della Capitale. Costerà caro, però, e questa ormai non è una novità per una azienda dei trasporti di cui i fornitori non sembrano più disposti a fidarsi dopo la decisione di accedere al concordato. Lo dimostrano le tante gare andate deserte, in estate sono saltate quelle per l’acquisto di 320 bus Euro6 e di 5 bus a idrogeno finanziati con fondi Ue e Regione Lazio, o la corsa contro il tempo per rinnovare il contratto per la fornitura di carburante in scadenza a fine mese. Pubblicato a ottobre il bando di gara per dodici mesi di servizio, non è arrivata nessuna offerta. Secondo bando di gara a novembre con servizio ridotto a sei mesi, una sola ditta si è fatta avanti.