Lo stadio della Roma e l'ultimo stadio dei trasporti
Per la sindaca gireremo tutti in bici. Quindi per arrivare a Tor di Valle non serviranno opere pubbliche
Quelli che lavoravano al fianco di Steve Jobs alla Apple a inizio anni 80 gli avevano trovato persino un nome: campo di distorsione della realtà. Era il modo, dicevano, con cui il fondatore della Mela esercitava il suo carisma riuscendo a rendere credibile e quindi possibile anche l’impossibile. Escluso che Virginia Raggi possa vantare la stessa dote, viene il sospetto che la sindaca stia cercando di convincere se stessa, e quindi i romani, che anche ciò che appare fuori da ogni logica previsione attendibile possa miracolosamente tramutarsi in realtà per il solo fatto di crederlo possibile. Non si spiega altrimenti (a patto di non voler essere maligni) l’entusiasmo con cui martedì ha annunciato che i lavori per il nuovo stadio possono iniziare entro l’anno pur avendo potuto leggere la relazione sulla viabilità dell’area di Tor di Valle redatta dai docenti del Politecnico di Torino. “E’ un parere positivo”, ha detto la sindaca parlando di un documento in cui c’è scritto nero su bianco che “emerge un quadro preoccupante, che vede negli scenari futuri un possibile blocco pressoché totale della rete principale di connessione con la location stadio, a parità o circa di livelli di mobilità motorizzata attuale”.
Perché su una cosa i tecnici sono stati chiarissimi: l’unico modo per evitare il caos è convincere i romani ad andare allo stadio senza auto, usando i mezzi pubblici o arrivando a piedi o in bicicletta. E qui interviene il campo di distorsione della realtà applicato al populismo elettorale del Movimento: per non cambiare il nuovo progetto dello stadio, venduto a tutti a onta dei fatti come “uno stadio fatto bene” solo per giustificare la pragmatica inversione ad U rispetto a un’opera prima contestata e poi sostenuta, la giunta capitolina crede di poter cambiare i romani e convincerli ad usare quei mezzi pubblici, anche di sera tardi in occasione delle gare in notturna evidentemente, che oggi la stragrande maggioranza delle persone evita sistematicamente. Lo dice la Relazione 2018 sulla Green economy in Italia, secondo la quale il 65 per cento dei romani si muove in città con auto propria o scooter. E non perché siano pigri, ma semplicemente perché il trasporto pubblico è lontano dagli standard di una qualunque capitale europea. Ed è poco credibile pensare che le cose possano cambiare radicalmente in tre o cinque anni, che è poi il tempo stimato per la realizzazione in due fasi dello stadio, solo con la costruzione della stazione di Tor di Valle o con il potenziamento di quella della Magliana. Evidentemente a Roma non vale più il minimo principio di precauzione che vorrebbe che di fronte ad un rischio una amministrazione scelga una politica di condotta cautelativa. Non al tempo del campo di distorsione della realtà di Virginia Raggi, non sotto campagna elettorale per le elezioni europee.