Quante bugie ha detto Raggi sui rifiuti?
Il caos Ama si complica dopo l'intervento dei pm. Giampaoletti spiega la cacciata di Bagnacani e i pasticci del sindaco
Roma. Adesso il caos può diventare un terremoto e il braccio di ferro fra la giunta Raggi e i vertici dell’Ama una nuova, pericolosissima, grana giudiziaria per il Campidoglio. Dopo le dimissioni dell’assessore all’Ambiente Pinuccia Montanari e la rimozione del cda di Ama, infatti, sulla mancata approvazione del bilancio della municipalizzata dei rifiuti sta indagando da settimane la procura di Roma che in questi giorni ha iscritto nel registro degli indagati i primi nomi. Il più “importante” dei quali è quello del ragioniere generale del Campidoglio Franco Giampaoletti, uomo vicinissimo a Virginia Raggi, al quale il procuratore aggiunto Paolo Ielo e i sostituti Luigia Spinelli e Claudia Terracina contesterebbero il reato di tentata concussione. Secondo le ipotesi della procura, infatti, il dirigente avrebbe fatto indebite pressioni sugli uffici comunali perché non riconoscessero il credito da 18 milioni per servizi cimiteriali vantato dall’Ama su cui è nato il braccio di ferro fra l’azienda e l’assessore al Bilancio Gianni Lemmetti che ha portato alla mancata approvazione del bilancio 2017. E, con effetto domino, alle dimissioni di Montanari e alla rimozione del cda. Una convinzione che i magistrati di piazzale Clodio hanno maturato proprio dopo aver ricevuto l’esposto presentato da Bagnacani e aver ascoltato come persona informata dei fatti, fra gli altri, l’ex assessore all’Ambiente.
Ieri Giampaoletti ha parlato in commissione Trasparenza, e di fatto ha sbugiardato il sindaco Raggi. Complicando, se possibile, ancora di più la posizione del Campidoglio. “Legare la bocciatura del bilancio alla revoca di Bagnacani e del cda è un errore”. Perché arrivare a tagliare la testa di un organo nominato dalla Raggi stessa, e perché farlo in un momento così delicato per la questione rifiuti? “Pensare che la ragione sia solo contabile è sbagliato”, ha risposto Giampaoletti ai consiglieri di opposizione. Lasciando intendere che quella a Bagnacani sia stata una sfiducia politica. “Le performance di Ama”, ha infatti spiegato il ragioniere generale del Campidoglio, “hanno mostrato gravi peggioramenti nei primi trimestri del 2018 rispetto agli indicatori del 2017 e rispetto a quanto fissato da Roma Capitale”. Tutto il contrario di quanto fin qui sostenuto dal sindaco.
Lo scontro politico che da mesi si è consumato dentro al M5s sui vertici Ama non può che avere effetti su una situazione d’emergenza che si protrae ormai da anni e che negli ultimi mesi si è aggravata con la chiusura forzata del Tmb di via Salaria. Anche perché la rimozione dei vertici, come prima conseguenza, rende carta straccia il nuovo piano industriale approvato soltanto un mese fa che, secondo i vertici di Ama e secondo la stessa giunta, avrebbe dovuto portare la raccolta differenziata al 70 per cento entro il 2021 (oggi arranca intorno al 45 per cento ben in ritardo rispetto alle ottimistiche previsioni di inizio mandato) e la creazione di 13 nuovi impianti per il riciclo e la trasformazione dei materiali. “La sindaca Virginia Raggi spegne il sogno di portare Roma per sempre fuori dall’emergenza rifiuti rendendo impossibile l’attuazione del piano industriale che la avrebbe portata al primato mondiale nel campo dell’economia circolare”, ha scritto via Facebook l’ex componente del cda di Ama Andrea Masullo. Certo fa specie leggere oggi le accuse con cui la sindaca ha azzerato i vertici di Ama parlando di “carenze gestionali” e di un “livello di criticità tale da far dubitare dell’affidabilità dell’attuale gestione aziendale”. Fa specie l’ammissione dell’esistenza di quei “disservizi” per cui cittadini e opposizione hanno sempre accusato la giunta e che Raggi ha sempre negato plaudendo entusiasta al lavoro di Ama. “Andiamo avanti senza sosta per restituire dignità e decoro alla città – spiegava in estate la prima cittadina commentando i risultati del nuovo “porta a porta” voluto dall’assessore Montanari – Noi ce la stiamo mettendo tutta. Ai cittadini chiedo di darci fiducia e di stare dalla nostra parte. Cambiare Roma, insieme, si può”.
Per ora quello che la sindaca ha dimostrato di saper fare è cambiare i vertici Ama. Con il licenziamento per giusta causa di Bagnacani, infatti, in via Calderon de la Barca siamo già alla quarta rivoluzione targata Cinque Stelle. In appena due anni e mezzo. Il primo a saltare fu Daniele Fortini, caduto nella battaglia che lo vide contrapposto all’allora assessore Paola Muraro (poi dimessa anche lei). Gli successe Alessandro Solidoro, uomo di fiducia dell’allora assessore al Bilancio Marcello Minenna che decise di seguirlo quando l’economista lasciò la giunta a settembre 2016. Toccò poi ad Antonella Giglio, che nel maggio 2017 ha lasciato l’incarico a Bagnacani, fedelissimo di Pinuccia Montanari. Nel frattempo, in quasi tre anni, la situazione in Ama si è fatta sempre più complicata e il servizio reso costantemente pessimo, al punto da essere ormai puntualmente bocciato dai cittadini nell’indagine dell’Agenzia per il controllo e la qualità dei servizi pubblici locali di Roma Capitale. Ora bisognerà aspettare fine mese per la nomina dei nuovi vertici ma nel frattempo, nonostante le rassicurazioni della sindaca sul pagamento degli stipendi ai lavoratori, in Ama crescono preoccupazione e malcontento per il futuro di una azienda zavorrata da un debito di 1,4 miliardi e con un bilancio 2017 ancora da approvare. “I lavoratori sono stanchi di vivere nella preoccupazione e di far fronte a una situazione critica che vede quasi la metà dei mezzi a disposizione fermi – hanno scritto i segretari generali di Fp Cgil, Fit Cisl e Fiadel Roma e Lazio, Natale Di Cola, Marino Masucci e Massimo Cicco dopo l’incontro con la Raggi - Senza un bilancio, che sarà il nuovo Cda ad approvare, e senza un piano industriale che guardi alle reali esigenze della città, non si possono fare investimenti né assunzioni. È un’impasse che si trascina da troppo tempo, in modo inaccettabile”.